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Così E. T. A. Hoffmann sviscera le ossessioni nascoste nel famigliare

Elisa Veronica Zucchi

I racconti di “Automi, bambole e fantasmi” in libreria, un vortice tra l'estasi, l'allucinazione e l'abisso

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Chi è il maestro di cappella (Kapellmeister) Johannes Kreisler? La biografia del personaggio protagonista dei Kreisleriana del perturbante scrittore e compositore tedesco E. T. A. Hoffmann ci viene raccontata per frammenti nel Gatto Murr. Il musicista romantico Johannes, alias Giovanni, alter ego di Hoffmann (il cui terzo nome, Amadeus, è uno pseudonimo scelto in omaggio a Mozart), vive nel dissidio tra spirito creativo e spirito contemplativo. Si direbbe un don Giovanni rinnovato che, rifiutando l’automatismo dell’agire, incontra Faust, ovvero il tragico libero arbitrio, e con esso Mefistofele, il tentatore principio di dannazione. Nel 1838 Robert Schumann, la cui immaginazione è intimamente legata a quella dello scrittore, compone il ciclo di pezzi per pianoforte Kreisleriana op. 16, ispirandosi appunto al personaggio di Hoffmann. L’intera opera dello scrittore del fantastico, a cui L’orma editore ha dedicato la collana Hoffmanniana (al cui interno sono già usciti Notturni, Gli elisir del diavolo, Fiabe, Il gatto Murr, i due volumi dei Fratelli di Serapione, e che da poco ha pubblicato il compendio di racconti Automi, bambole e fantasmi), vortica fra l’estasi, l’allucinazione e l’abisso, pungolando, con ironia tragica e grottesca comicità, il nascosto nel famigliare, sviscerando la forza originaria delle ossessioni, nonché la matrice favolistica – insondabile – delle apparizioni. C’era una volta, non c’era una volta, ci sarà stato o non c’è stato mai? La favola è come una sfinge: quel che ci consegna di sé è il racconto mitico, mentre il suo oracolo si inabissa. La parola tedesca Unheimlich (perturbante) è al centro delle riflessioni prima dello psichiatra Ernst Jentsch e poi di Freud, che nel saggio Il perturbante prende in esame il racconto di Hoffmann L’uomo della sabbia. Unheimlich è l’antitesi di Heimlich (intimo,  ombroso, ma anche nascosto, da heim, casa), tuttavia nell’accezione del significato che Freud riporta da Schelling (Filosofia della mitologia), ovvero “tutto ciò che dovrebbe restar segreto, nascosto, e che invece è affiorato”, i due sostantivi coincidono. Quale segreto tace il familiare?

 

In superficie l’automa insidia, con l’inganno del marchingegno, dello specchietto per le allodole, il reale, e tuttavia il cosiddetto mondo reale ne è attratto, almeno finché non ne svela il meccanismo: per esempio, ne L’uomo della sabbia Nathanael ama Olimpia, ma poi scopre che è una bambola di legno. Tuttavia nel sottosuolo un’altra lotta attende i protagonisti dei racconti di Hoffmann. Al di là dello spaesamento e dell’ammutolimento che provano di fronte al proprio sosia o al cospetto dell’amata, come dinnanzi a statue di cera, automi e ritratti, insomma, una volta disingannato il desiderio e calato il sipario sulle troppo umane vicende, una voragine magnetica sembra spalancarsi: ecco l’agguato del potente richiamo della sotterranea vena elisia, un soave canto di fanciulla, la promessa della perfetta sinestesia di una musica assoluta (musica che nei Kreisleriana viene definita il “sanscrito della natura espresso in suoni”; cfr La Quinta sinfonia di Beethoven recensita da E. T. A. Hoffmann, di Benedetta Saglietti, Donzelli 2020) e, con ciò, la precipitazione nella follia e nell’allucinazione. L’inconciliabilità fra mondo terreno e mondo del sottosuolo costituisce un tòpos nello scrittore di genio che, in anticipo sulla scena letteraria mondiale, introduce il tema del doppio e della scissione dell’io. Nello straordinario racconto Le miniere di Falun, amato da Wagner e da Schumann, il marinaio Elis Fröbom, dopo la perdita della madre, è irresistibilmente attratto dal sottosuolo e dal suo linguaggio visionario.

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