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scrivere la vita

Ernaux ha raccontato tutto quello che siamo. La ragazza del secolo scorso e i nostri segreti

Annalena Benini

L'autrice ha vinto il premio Nobel per la donna del Novecento: l’ambizione, il tradimento della classe sociale, il sesso

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Annie Ernaux, ragazza del secolo scorso nata in Normandia nel 1940, ha vinto il premio Nobel per avere composto, con i suoi libri, uno per uno e tutti insieme, l’opera letteraria del nostro tempo. La storia di una donna, lei, che diventa tutte le donne, noi. Che cosa c’è di più bello, di più entusiasmante, di sentirsi raccontare un segreto? Annie Ernaux ha trovato la lingua esatta, precisa, profonda per farci sentire partecipi  dei segreti dell’umanità, ma in particolare delle donne del Novecento.

 

 

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 Più giovani più vecchie più vicine o più lontane, ma tutte alle prese con la storia degli anni, il tempo che passa, l’amore, l’ambizione, il tradimento della classe sociale, il sesso, la rivolta, l’annullamento di sé in nome di una passione. La libertà. I segreti e la vergogna per quei segreti, a cui segue la decisione spudorata (letteraria) di raccontarli. Annie Ernaux ha usato  la parola “io” come si usa una voce, come si possiede una voce, ed è la  voce  di chi  si prende il potere della parola  e usa la propria vita per scrivere la vita. Ha cominciato nel 1974 con Gli armadi vuoti e non ha più smesso. Annie Ernaux è arrivata in Italia quasi subito, i suoi romanzi già allora erano pubblicati da Gallimard (che ha riunito i suoi libri principali in un unico volume nella collana Quarto) e sono stati tradotti anche qui negli anni Ottanta e Novanta, ma il successo e l’innamoramento per questa scrittrice sono arrivati grazie a una piccola casa editrice, L’orma, che si è presa cura dei suoi libri, tutti tradotti da Lorenzo Flabbi, l’ editore. A oggi ce ne sono almeno dieci e tutti aspettano con trepidazione altri libri di Annie Ernaux, come si aspetta di leggere un altro pezzo della propria storia. 

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Perché è stata capace di utilizzare la sua vita come strumento di indagine sulle vite di tutti. L’ha offerta come campo di battaglia sempre trovando la parola esatta, sottile, tersa, facendo  continuamente domande su di sé e sullo sguardo degli altri, su come passa il tempo e come cambiano quegli sguardi. Condivide senz’altro questa ossessione per il tempo con Virginia Woolf: entrambe hanno scritto due libri  intitolati “Gli anni”, nel 1937 e nel 2008, che sono insieme  vita e indagine sociale: per Woolf l’ultimo romanzo,  per Ernaux forse il più importante, il più amato. Si domandano che cosa faccia il tempo alle persone, vogliono sapere che cosa cambia, che cosa si diventa, e se ci si può liberare dal giogo della storia. Annie Ernaux si chiede in Memoria di ragazza: Cè qualcuno che se la ricorda quella ragazza? Forse nessuno.

Quella ragazza è lei quarantacinque anni prima, siamo noi che leggiamo, quella ragazza è anche il tempo che attraversa la vita e la ricopre di strati. Quella ragazza non è Annie pur essendolo, non può esserlo perché  non aveva ancora letto Simone de Beauvoir, non aveva letto Proust, non aveva ancora dormito con un uomo, non vedeva l’ora di partecipare a un party, voleva solo fuggire da sua madre e non aveva ancora provato l’enorme vergogna data dal desiderio, dalla scoperta del sesso e dalla delusione. Quella ragazza ha un destino, e Annie Ernaux lo conosce e ce lo offre in quel modo nudo, analitico, forte, di chi sa far coincidere la vita con la letteratura. La ragazza è timida, la scrittrice no. L’entusiasmo dato dalla lettura di Annie Ernaux è quello di chi sente di appartenere a quelle pagine, di essere stato scoperto ma senza  bisogno di confessare: ci pensa lei, a dire che cos’è la vergogna e anche che cosa si prova quando si vive una passione per un uomo o per una donna. In Passione semplice, che speriamo ora verrà ripubblicato, uscito in Francia nel 1991, una donna racconta la passione devastante per un uomo. Quella donna dice “io”, ma è riduttivo parlare di autobiografia: quella donna fa l’insegnante, come Annie Ernaux, ma noi stiamo leggendo il segreto inconfessabile di  una ragazza del Novecento, libera, indipendente, divorziata, che per un certo periodo non ha avuto altro avvenire che  ricevere la telefonata del prossimo appuntamento. “Quando si frapponeva un intervallo più lungo, tre o quattro giorni, tra la sua chiamata e la sua venuta, mi immaginavo con disgusto tutto il lavoro che avrei dovuto fare, i pranzi di amici a cui avrei dovuto partecipare, prima di rivederlo. Avrei voluto non avere null’altro da fare che attenderlo”. Il Nobel per la Letteratura ad Annie Ernaux è un riconoscimento anche alle donne del Novecento: tutto quello che hanno pensato, sognato, tradito, taciuto e soprattutto osato realizzare.   

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