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satira

Ingegner Saunders. Via gli orpelli, essenzialità calcolata

Mariarosa Mancuso

Il racconto breve non ha righe da sprecare: dev'essere della misura giusta per non desiderare di passarci sopra con la penna rossa dell'editing

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Nota minima di fair play editoriale. Siccome gli scrittori non nascono quando incontrano l’ultimo editore che li pubblica, decenza imporrebbe di segnalare nel risvolto di copertina i romanzi e i racconti stampati dai rivali. Nel caso di George Saunders, almeno “Pastoralia” e “Il declino delle guerre civili americane”, con Einaudi Stile Libero e mimimim fax che l’hanno scoperto. 
E’ un vezzo da risvolto di copertina Adelphi. Adottato qui da Feltrinelli, rischiando di perdersi i lettori che magari hanno apprezzato “L’elogio della gentilezza”, unico titolo citato della concorrenza. Ma prima di affrontare “Un bagno nello stagno sotto la pioggia” – sette racconti russi smontati e rimontati a uso dei migliori giovani scrittori Usa, alla Syracuse University – hanno bisogno di una spintarella in più.

 

George Saunders aveva studiato da ingegnere. Si era scoperto la vena satirica – prima puntava a essere un “realista hemingwayano” – mentre teneva il verbale di una teleconferenza. Per non stramazzare di noia, aveva cominciato a scrivere filastrocche e a illustrarle. La moglie aveva molto riso, lui aveva sterzato verso la comicità: “Sarà una montagnetta di cacca, rispetto alla maestosa montagna Hemingway, ma ha il mio nome sopra”.
Da ex ingegnere, smonta le dodici pagine del racconto di Turgenev intitolato “I cantori” in “descrizioni” e “azioni”. Le prime sono molto più numerose delle seconde: quando i suoi studenti si innervosivano per “il lentissimo Turgenev” avevano tutte le ragioni. Attorno al cuore del racconto, due cantori che si sfidano in una gara di bravura, c’è parecchia roba – diciamo così – in eccesso. Il lettore impaziente (con i russi capita) borbotta “perché ti scomodi a raccontarmi questo?”.

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E’ la domanda che spesso martella in testa, leggendo per esempio gli scrittori italiani. Da “umarell” che osserva i lavori stradali e pensa che farebbe molto meglio se guidasse lui la ruspa, il lettore pensa che farebbe altrettanto con la matita rossa per l’editing. Saunders immagina un paio di buttafuori che si aggirano minacciosi nel Racconto (immaginato come un locale notturno) e chiedono a tutti i dettagli: “Tu perché sei qui?”. Parola d’ordine per non farsi cacciare: “Sto convogliando energie verso il cuore del racconto”. In Turgenev danno la risposta esatta anche le cutrettole, i nasi e le attaccature dei capelli. Nei romanzi italiani tante volte non succede neanche con i protagonisti.

 

Il racconto breve – della misura che secondo Edgar Allan Poe andava letta fino in fondo senza interruzioni – non ha righe da sprecare. Funziona come un meccanismo di precisione. Cerca di far bella figura con lettori “intelligenti, smaliziati e curiosi”, senza annoiarli sventolando la bandiera dell’Arte. Se la svignavano già gli uomini primitivi dalla caverna, quando il narratore era noioso, garantisce Saunders. E si accinge a guidarci tra le delizie di un “provinciale dell’Ucraina”: Gogol e il suo barbiere Ivan – “caviamo anche sangue”, sta scritto sull’insegna – che trova un naso nel panino della colazione. 

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