(Foto di Olycom) 

Recensione

Il sogno americano applicato a Hollywood. “Gli ultimi fuochi” di Fitzgerald

Giulio Silvano

"L'amore dell'ultimo milionario" è l'ultimo personale lascito dello scrittore americano alla letteratura del novecento: arte e profitto in un’opera incompiuta che Minimum Fax ha ripubblicato a marzo 2022

Con la moglie Zelda chiusa in una costosa clinica psichiatrica, nel 1937 Francis Scott Fitzgerald, ottenuto un contratto con la Mgm, va alla ricerca di soldi a Hollywood. Ci aveva già provato alla fine degli anni Venti, concentrandosi però più sulle feste. Si lamenta di aver perso la creatività e da qualche tempo sta cercando di smettere di bere, o comunque di diminuire le dosi di cocktail e champagne, e così passa il tempo a buttar giù Coca-Cola. A Los Angeles quasi nessuno si ricorda di lui o dei suoi libri, ormai l’entusiasmo intorno a Il grande Gatsby fa parte del passato. Il lavoro di sceneggiatore gli sembra molto meno soddisfacente della vita da scrittore vagabondo tra Parigi e la Costa Azzurra, e si lamenta della fatica.

I film gli sembrano tutti il prodotto di un compromesso tra le parti e mai un’opera artistica. In un mese perde cinque chili. Morirà tre anni dopo, a 44 anni, lasciando incompiuto un romanzo che racconta le ombre e i meccanismi del cinema, degli anni d’oro degli studios americani. Il libro, The Last Tycoon, uscirà postumo, curato dall’amico Edmund Wilson, nel ’41. “Negli anni aveva visto Hollywood divorare i suoi amici dell’est, svigorendo le loro ambizioni più nobili mentre gli riempiva le tasche” – scrive Stewart O’Nan nella fiction-biografia del periodo losangelino di Fitzgerald, Di là dal tramonto – “Era colpa del caldo quanto dei soldi, tutta la città era intontita da un languore subtropicale”. I libri postumi sono sempre un azzardo, un’incognita senza risposta sulle intenzioni originali dell’autore: era davvero così che Fitzgerald immaginava il libro?

Lo scholar Matthew Bruccoli, che ha firmato un’intensa biografia dello scrittore americano, ha ripreso in mano le carte originali e nel 1993 ha editato una nuova versione, dove vengono reinterpretati i capitoli mancanti usando le note lasciate dall’autore. Cambia anche il titolo in The Love of the Last Tycoon, che Minimum fax porta in Italia in questi mesi nella traduzione di Baiocchi e Tagliavini. Più di una satira, a tratti quasi una condanna della voracità e del cinismo dei vari tipi umani che costituiscono l’industria cinematografica, 'L’amore dell’ultimo milionario' contiene quelle grandissime e tenerissime realizzazioni malinconiche, sull’amore e sulle speranze e sulle occasioni perse, che solo Fitzgerald è in grado di riportare con tanta grazia.

 

Il romanzo racconta il duello tra due produttori, basati su Irving Thalberg, che lanciò attori come Clark Gable e Greta Garbo, e il conservatore Louis B. Mayer (la seconda “M” della Mgm), considerato il creatore dello “star system”. Descrivendo da vicino come si fanno i film, la fauna hollywoodiana e i meccanismi del potere della figura del produttore, Fitzgerald ci mostra l’energia umana dedicata fino allo sfinimento all’ideale del sogno americano.

“Nel cinema non ti sbatte fuori nessuno – dice un personaggio del romanzo – se non sei strafatto o sempre sbronzo”; certo, questo era ben prima del #MeToo e delle campagne contro Woody Allen. La voce narrante, quella della figlia del personaggio ispirato a Mayer, dice: “Si può dare Hollywood per scontata, come facevo io, oppure liquidarla con il disprezzo che riserviamo a ciò che non riusciamo a capire”. Portato sul grande schermo, con un super-cast (De Niro, Tony Curtis, Robert Mitchum, Jack Nicholson), da Elia Kazan nel ’76, The Last Tycoon è il libro della delusione di Fitzgerald, un testo che pone diverse domande sull’industria creativa: come convivono arte e profitto? Come si può essere artisti e uomini di potere allo stesso tempo?