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Gli ucraini ci ricordano la grandezza del nostro patrimonio occidentale

Sergio Belardinelli

Il popolo dell’Ucraina ci sta dimostrando di essere disposto addirittura a morire per la connotazione universalistica di parole come: ragione, giustizia e verità 

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Sul Corriere della Sera di domenica scorsa Angelo Panebianco ha toccato un tema cruciale: il peso delle idee nelle vicende della storia. Lo ha fatto con il realismo al quale ci ha abituati ormai da molti anni, quindi senza trascurare le difficoltà che le idee incontrano allorché, come in questi giorni, si tratta addirittura di “sconfiggere le armi”, ma senza considerarle per questo irrilevanti. Al contrario. Per dirla con le sue parole, “comunque vada a finire in Ucraina, siamo entrati, per restarci, in un mondo multipolare nel quale gli occidentali dovranno vedersela con grandi potenze la cui inimicizia non dipenderà solo da una competizione fra concreti interessi nazionali divergenti. Dipenderà anche da differenti visioni del mondo, le quali, al pari degli interessi contrastanti, alimenteranno conflitti”.

 
Se le cose stanno in questo modo, e io credo che Panebianco abbia ragione, allora tra i problemi che dovremmo porci, occidentali e non, c’è sicuramente anche questo: le visioni del mondo di cui stiamo parlando, al di là delle curvature inevitabili che esse subiscono per via degli interessi materiali che volta a volta sono in gioco, sono tra loro incommensurabili, ossia destinate in linea di principio a entrare in conflitto, oppure hanno in se stesse anche qualcosa di comune, uno spazio che consente loro di dialogare e, in qualche seppur raro caso, persino di arricchirsi reciprocamente? Si potrebbe formulare la stessa domanda anche in quest’altro modo: esiste la possibilità che in un mondo multipolare possa essere avanzata una pretesa di universalità che, attraversando tutte le visioni del mondo, possa costituire per esse un punto di riferimento, un criterio di validità, un modo per orientarsi tra il torto e la ragione, il giusto e l’ingiusto, la verità e la menzogna, a prescindere dai concreti interessi che sono in gioco? 

 
Qualcuno dirà che quanto sta accadendo in Ucraina è la riprova più lampante del fatto che ciò non è possibile. La visione del mondo di Putin non è quella di Zelensky, né quella di noi europei o degli americani. Stiamo parlando di visioni incommensurabili, altrimenti non saremmo in guerra. In tutto questo c’è sicuramente del vero. Ma allora perché Putin ha proibito che nei media russi si parli di guerra, mette in galera tutti i suoi concittadini che denunciano l’assurdità dell’intervento militare in Ucraina, usa sistematicamente la menzogna nella sua comunicazione politica? Io credo che agisca in questo modo perché egli sa bene che parole come ragione, giustizia e verità, per quanto siano sempre radicate in una storia e in una tradizione particolare, hanno anche una connotazione universalistica che non consente a nessuno di usarle a piacimento, secondo la propria visione del mondo e i propri interessi; una connotazione che soprattutto le orienta verso quello che per me costituisce il loro ineludibile principio sintetico: l’uomo, l’individuo, la persona umana con la sua libertà e incommensurabile dignità. 

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È precisamente questa idea di uomo a rappresentare l’universale concreto che, partito dall’Europa (Atene, Gerusalemme, Roma, Parigi e via cantando), si è messo in moto nella storia del mondo. Il fatto che sia nato in Europa suscita invero la perplessità di molti, ma non ne intacca in alcun modo l’universalità. Esigerebbe semmai dall’occidente una maggiore consapevolezza che spesso non abbiamo, ma di certo è grazie a questa idea di uomo e quindi di ragione, giustizia, libertà e verità che si sono sviluppate certe forme culturali politiche e istituzionali che hanno fatto grande l’Europa e l’intero occidente, rendendoli attraenti anche per uomini nati in altri universi culturali e con altre concezioni del mondo. Il popolo dell’Ucraina ci sta dimostrando di essere disposto addirittura a morire per queste idee. E in Ucraina siamo nel cuore della Russia, non dell’Europa. Ma di una Russia che si sente europea e non si rassegna alla forza bruta di Putin. Segno evidente che libertà, giustizia e democrazia sanno accendere ovunque il cuore degli uomini e persino riaccendere in noi europei occidentali una consapevolezza che sembravamo aver dimenticato.  

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A questo punto molto dipenderà dalla determinazione con la quale difenderemo l’Ucraina e i nostri valori nonché dalla saggezza, diciamo pure dal realismo, col quale sapremo incarnarli nella storia. La libertà, se occorre, si difende anche con la forza, ma non può essere imposta con la forza. In un mondo multipolare la libertà è l’unico metodo legittimo per far valere le proprie convinzioni, senza fanatismi di sorta. Lo esige l’idea dell’uomo occidentale, l’universalismo sensibile alle differenze, direbbe Habermas, che lo contraddistingue. Certo, come dice Panebianco “è anche tornato in circolazione l’ordine confuciano, ossia l’idea di organizzazione della società che la potenza cinese propone al mondo ma, ancora una volta, è difficile che la capacità di attrazione di quell’idea possa andare molto al di là dell’area in cui si sono storicamente affermati i valori confuciani”. 
La palla è dunque ancora in mano nostra, intendo di noi occidentali, almeno finché saremo consapevoli del patrimonio di cui siamo eredi senza averne alcun merito. Avendo semmai la colpa di non coltivarlo abbastanza e di farci ricordare dagli altri, in questo caso dagli ucraini, quanto sia alto il suo valore

 

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