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"Da uno bravo"

Medico e paziente (ipocondriaco), la serie podcast di Saverio Raimondo

Marianna Rizzini

Dodici visite vere con dodici diversi specialisti, ognuna oggetto di una puntata. “Una sorta di check-up a microfoni aperti”

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Una visita medica reale che però è anche surreale. Una stand-up comedy senza volto, ma con le voci che arrivano come si fosse davanti al palco: dal 28 febbraio il comico Saverio Raimondo è in rete con un podcast targato Audible dal nome emblematico: “Da uno bravo”. Medical comedy, la chiama lui, mentre racconta la nascita di questo esperimento come “incontro tra due esigenze: da un lato quella di sperimentare e mettermi alla prova lungo i confini del podcast, per così dire, e di andare oltre la ‘radio di flusso’ abituale”, dice il comico (che con il mezzo coltiva da molto tempo una proficua conoscenza).

      

Dall’altro lato c’era invece “la terribile ansia anticipatoria mista a ipocondria” dello stesso Raimondo: “Qualcosa che a un certo punto mi è sembrata materia talmente invasiva da poter essere esorcizzata e sfruttata nel registro comico”. Ecco dunque le dodici visite vere con dodici diversi specialisti, ognuna oggetto di una puntata della serie podcast, “visite con medici rigorosamente non mediatici in una sorta di check-up a microfoni aperti”.

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Il tutto è stato ideato, ça va sans dire, nel momento in cui l’essere asintomatico, durante l’ultima fase acuta del Covid, è diventato il primo dei desideri: “Nonché una garanzia per un ansioso paranoico come me”, dice Raimondo, che a fine marzo sarà anche co-protagonista, con la voce, e assieme ad altri giovani comici (tra cui Valerio Lundini ed Edoardo Ferrario), di “Troppo cattivi”, prossimo film di animazione targato Universal. Intanto, però, lungo le dodici puntate podcast, Saverio Raimondo si è chiesto “come sto?”, in un incessante peregrinare tra specialisti un po’ rassicuranti un po’ accudenti un po’ terrorizzanti.

  

Il punto di vista scientifico è messo a confronto con l’umorismo ansiogeno e con l’angoscia da prevenzione, come nella prima visita, quella dal cardiologo che accoglie Raimondo dicendo che l’infarto è ancora la prima causa di morte nel mondo occidentale. Come fare per prevenire, si domanda il paziente che si definisce “non un sedentario” nonostante la “pratica di ginnastica a corpo libero” forse “troppo libero” (nel senso che si può anche non farla), e che pensa di avere un’alimentazione sana nel senso dei non troppi carboidrati, visto che i carboidrati sono alternati “a fritti e grassi”. Non piace, all’ansioso Saverio, il fatto che il cuore sia “muscolo involontario”, e che dunque possa muoversi come gli pare e quando gli pare (“non mi piace delegare”, dice il maniaco del controllo).

  

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E se di solito l’ansia si dispiega attorno alla casa (controllare di aver chiuso la porta 77 volte, spegnere a oltranza il gas in cucina, chiudere il water ripetutamente per paura che i topi risalgano dallo scarico nottetempo), la visita dal cardiologo è in qualche modo la madeleine del paziente ipocondriaco, che si ritrova a scandagliare un passato pieno di spremute d’arancia da bere tutte d’un fiato sennò, “come diceva la mamma”, la vitamina C muore. Ed è anche occasione per rimuginare sul rimuginio (il rimuginare sarà causa d’infarto?). Motivo per cui il medico, con pazienza, cerca di insegnare al riluttante Raimondo la respirazione corretta da maestro yogi, e la “stimolazione meccanica del sistema parasimpatico”, e persino l’uso corretto del saturimetro, oggetto un tempo sconosciuto e dimenticato nelle tasche dei dottori ma negli ultimi anni, causa pandemia, feticcio piazzato in mezzo al salotto. Andare “da uno bravo”, ripete a se stesso e all’ascoltatore il comico, divertito ma sottilmente terrorizzato all’idea di non poter dominare neanche un po’ la materia “fattori di rischio”. 

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