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Tutto quello che vogliamo oggi è credere a Zelensky

Manuel Peruzzo

Se la guerra si vincesse con le immagini, avrebbe già vinto. Noi, da parte nostra, abbiamo già deciso da che parte stare: da quella di chi mette i like e i cuori alle dichiarazioni dei politici sui social

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La guerra è anche una questione visiva. Lo sa il dittatore ceceno Ramzan Kadyrov in stivali Prada che dispiega le forze fasciste in un video alla Games of Thrones, lo sanno gli influencer che interrompono il flusso pubblicitario per riassumere la guerra in quindici secondi, lo sanno i giornalisti che anche se cercano campo in albergo paiono Marie Colvin, lo sa Matteo Salvini che è passato dalle magliette di Putin al passamontagna delle Pussy Riot e i fiori all’ambasciata Ucraina (facendosi il segno della croce, tutto pubblicato sui suoi social tra un padre che piange e una bimba nata nel rifugio anti raid: quanti cuori puoi farci con un miracolo a Kiev?); lo sanno gli americani che ci fanno vedere solo l’invasore e mai le truppe ucraine. Ma soprattutto lo sa Zelensky: se la guerra si vincesse con le immagini, avrebbe già vinto.

 

In lui si è realizzata la metamorfosi del comico diventato presidente in un mondo di presidenti tristemente comici. Ha indossato la divisa militare e ha iniziato a fare quello che noi occidentali capiamo di più: comunicazione. Si è ripreso presentando i membri del parlamento lì con lui, a difendere il paese; passeggiare per la città dicendo “io rimango, non credete alle fake news”, ha accusato i paesi Nato di avere paura, li ha esortati a lottare contro l’invasore, ha rifiutato la richiesta di evacuazione degli Usa con “ci servono munizioni, non un passaggio”, e continua a ripetere slogan che colpiscono al cuore come “dobbiamo difendere il nostro paese, per difendere l’Europa”.  Guida la resistenza nella capitale ma soprattutto viene percepito come un eroe della Marvel: è merito delle immagini e del modo in cui si racconta. Zelensky ha fatto tutto ciò che Putin non è stato in grado di fare: ha convinto il mondo occidentale a stare dalla sua parte.

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Zelensky è passato da personaggio televisivo popolare a politico di un paese che non sapremmo trovare sulla mappa a eroe occidentale, leader nazionale coraggioso, modello per un’epoca di burocrati in perenne estasi amministrativa. Ci ha fatto dimenticare persino come scodinzolava con Trump che gli chiedeva di sabotare la campagna di Biden. Al New Yorker aveva detto che la carriera nello spettacolo lo aveva preparato alla politica perché lo spettatore cerca nell’attore un senso di umanità, e che i politici sono pessimi attori e guardandoli pensava: “Basta, basta, è inguardabile! Nessuno ci crederà”. Abbiamo presente la sensazione. Quando Kira Rudyk, membro del parlamento ucraino, ha condiviso una sua foto in casa mentre regge un Kalashnikov contro l’invasore, tutti le hanno scritto che era tanto coraggiosa, una vera eroina, una persona speciale. Io ho notato solo che era scalza sul parquet. Come li combatti i carrarmati scalza? Si faccia spiegare da Zelensky come si fa.

  

Ci sono momenti in cui si deve scegliere da che parte della storia si vuole stare. Noi stiamo dalla parte di chi guarda. Mentre i politici e gli attivisti usano hashtag e bandierine per raccontare la guerra, noi siamo in cerca di foto e dichiarazioni a cui mettere un cuore per dare un senso a questi eventi che vediamo da distanza di sicurezza e che ci riguardano, anche se non sappiamo come (il medium è il messaggio, ma il messaggio è quasi sempre sopravvalutato). Tutto quello che vogliamo è credere all’Europa, a quel sogno democratico e a quell’ideale di giustizia. Tutto quello che vogliamo oggi è credere a Zelensky. 

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