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Il nuovo fronte della guerra delle statue è costruire e non abbattere

Micol Flammini

Sul quarto plinto a Trafalgar Square dal 2022 sorgerà un'opera che critica il passato coloniale del Regno Unito. Si guarderà con l'ammiraglio Nelson, che lo scorso anno, durante l'estate della cancellazione, in tanti volevano tirare giù. Londra tenta un compromesso tra gli strati della storia 

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La foga della cancellazione non si è spenta. Si è fatta  sottotraccia, lavora con costanza, lontana dai picchi dell’estate dello scorso anno, quando la discussione sulle statue da abbattere e sulla cancel culture proponeva di tirare giù un po’ di tutto: Winston Churchill, Karl Marx, il Colosseo. Era una caccia al dettaglio delle biografie, perché, vuoi o non vuoi, chiunque nel passato ha avuto quella vena razzista, quella tendenza colonialista, magari  introiettata, che può spedire chiunque nel calderone molto ampio dei cancellandi. La statua, da abbattere o da proteggere, è diventata il simbolo di un problema ancora aperto e chi imbrattava Churchill per le strade di Londra lo faceva convinto che questo spirito vandalico avrebbe potuto risolvere tutti i problemi, dare giustizia ai torti del passato. Si sbagliava. 

 

Londra è stata tra i teatri più accesi di questa rabbia contro le statue e contro la storia, tanto che per le vie della città si cercava di proteggerli, quei personaggi che avevano contribuito a rendere grande il Regno Unito, e nel caso di Churchill anche a sconfiggere il nazismo. Alcuni venivano transennati, altri infagottati dietro a manti protettivi, qualcuno invece ha dovuto espiare le sue colpe ed è stato tirato giù dal piedistallo. E’ con questo spirito che si è iniziato a ridiscutere a chi assegnare il posto sul quarto plinto di Trafalgar Square, quell’angolo di piazza in cui ogni due anni, sul piedistallo su cui sarebbe dovuta sorgere una statua equestre mai sorta, vengono posizionate installazioni diverse. Ora c’è un’opera di Heather Phillipson, intitolata “The end”, un’enorme ciliegia sormontata da un drone e da una mosca e poggiata su un cumulo di panna montata. Da settembre del prossimo anno, l’opera verrà sostituita da una statua di Samson Kambalu, originario del Malawi, che è una critica al passato coloniale del Regno. L’opera occuperà il quarto plinto  dal 2022 al 2024, poi sarà la volta dell’installazione dell’artista messicana Teresa Margolles che vuole essere una denuncia della transfobia. Due temi che stanno ridisegnando il dibattito culturale nel paese e non soltanto.

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La prima statua rappresenta due figure, una più grande l’altra più piccola, tutte e due con il cappello. Sono il pastore malawiano John Chilembwe che ha lottato contro il colonialismo e il missionario europeo John Chorley. Il primo è più grande, è il protagonista dell’opera. 
L’installazione  di Teresa Margolles invece è un cubo di facce, calchi di 850 persone transgender provenienti da tutto il mondo. 
Londra tenta di creare una sintesi tra i vari strati della storia. E’ un compromesso, di cui si colgono i richiami della wokeness, ma che cerca di trovare un accordo tra la storia, le sue conquiste e la sua complessità. Per risolvere i problemi del passato che riemergono, la convivenza e il dialogo sono una strada più tortuosa da percorrere, molto più faticosa della distruzione e dell’imbrattamento, ma possono mostrare una soluzione. 

 

 

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A Trafalgar Square il leader delle lotte contro il colonialismo John Chilembwe si guarderà con l’ammiraglio Horatio Nelson, che è lì soprattutto per la grande vittoria navale contro le flotte francesi e spagnole, ma lo scorso anno ha rischiato di essere tirato giù per il suo passato. Saranno due storie nella storia messe una vicina all’altra: uno spunto di convivenza per i sostenitori della distruzione delle statue e del passato.

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