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Viva Skyhorse, la casa editrice che salva i cancellati

Mariarosa Mancuso

Dal biografo di Philip Roth a Woody Allen: i libri che nessuno vuole pubblicare ora hanno un editore 

La biografia di Philip Roth ha trovato un’altra casa editrice. La stessa che aveva salvato dall’inesistenza – non si era ancora arrivati al macero – l’autobiografia di Woody Allen, “A proposito di niente” (questa esce da La nave di Teseo, l’altra prossimamente da Einaudi). “Skyhorse”: così si chiamano i campioni della libertà di stampa, anche se detto così fa un po’ impressione: non stiamo parlando di un opuscolo sugli errori nella teoria della relatività di Einstein, né della denuncia di qualche oscuro complotto, robaccia respinta da tutti gli editori con il senso del ridicolo. Stiamo parlando della biografia che Blake Bailey ha dedicato a uno dei sublimi romanzieri del Novecento, così ben scritta che Cynthia Ozick ha parlato di “capolavoro narrativo”, aggiungendo “il romanzo dell’800 vive, si chiama biografia” (la scrittrice ha felicemente compiuto 93 anni, sa distinguere i pettegolezzi dal talento).

 

Fondata nel 2006, Skyhorse era nel 2011 la casa editrice americana cresciuta più rapidamente (tra tanti colossi, una delle poche indipendenti). Ora distribuita da Simon & Schuster, l’anno prossimo pubblicherà 750 titoli, e ne ha avuti fino all’altro ieri 52 nella lista dei bestseller del New York Times. Era nata per pubblicare libri sulla vita all’aria aperta, lo sport, la natura e l’avventura, aggiungendo poi la politica e il true crime – cronaca nera romanzata, da noi la sbrigano i quotidiani e i plastici di Bruno Vespa.

 

Si è ritrovata a pubblicare libri impresentabili – così ormai si pone la questione: titoli che non si possono presentare in società, per paura di “quel che dirà la gente” (ora accade sui social, ma non è poi tanto diverso da quando Giuseppe Novello da Codogno, nel 1937, intitolava così un suo libro di vignette satiriche sulla piccola borghesia). Skyhorse ha pubblicato il memoir di Michael Cohen, l’ex avvocato di Donald Trump che suggeriva “follow the money” (anche ex fedelissimo, prima faceva credere che avrebbe preso volentieri in petto una pallottola destinata al presidente). Titolo, per non lasciare dubbio alcuno: “Disloyal”. Potrebbe pubblicare il memoir di Blake Bailey, “The Splendid Things we Planned”: anche questo finito al macero ma molto ben recensito da Janet Maslin sul New York Times, che ne loda la tragica onestà (il titolo non va preso alla lettera, è una storia di famiglia con molto alcol e una dolorosa rivalità tra fratelli).

 

Tra gli impresentabili, sempre per via di certe mani lunghe, ci sono i libri di Garrison Keillor. Maestro di cerimonie, dal 1974 al 2016, di un varietà radiofonico registrato dal vivo al Fitzgerald Theater di Saint Paul, Minnesota. Noi lo conosciamo per il film di Robert Altman intitolato in italiano “Radio America”: reinventa la registrazione dell’ultima puntata dello spettacolo, un misto di musica country e di bozzetti provinciali. I cantanti, per l’occasione, erano il duo Rhonda e Yolanda (Meryl Streep e Lily Tomlin) e l’altro duo, con rime un po’ scollacciate, “Dusty e Lefty” (Jonh C. Reilly e Woody Harrelson vestiti da cow boy). Andrà tra gli impresentabili anche lui, da morto, e gli chiederanno perché alla fine di “Nashville” sparano a una cantante femmina, Ronee Blakley (qualche anno dopo avrebbe sposato Wim Wenders).

 

“Skypony” è il marchio dedicato ai bambini. “Arcade” – entrata a far parte del gruppo nel 2009 – è la sigla più vicina alla letteratura: ha in catalogo il premio Nobel cinese Mo Yan, Samuel Beckett, Emil Cioran. Ora servirebbe una nuova collana per pubblicare i libri di Bill Gates, new entry tra gli impresentabili. Che faranno i cancellettisti dei suoi computer e programmi? Rogo? Seppellimento in terra sconsacrata?