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Le emozioni al potere. Che dite, passiamo al contrattacco?

Mariarosa Mancuso

Oggi si dà per scontato che la scrittura sia sciatta o neutra. Problema

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Le emozioni al potere. Aiuto, fuggiamo finché siamo in tempo. Meno saldi nei loro princìpi, direttore e redattori del mensile francese NEON aggiungono la domanda “E’ così grave?”. In copertina, una ragazza con finte lacrime argentate ha in sovraimpressione un’altra domanda: “Siamo troppo sensibili?”. Il sondaggino introduttivo – quand’è stata l’ultima volta che hai pianto? –  interroga maschi tra i 20 e i 35 anni, più o meno quella dei lettori e delle lettrici (che nonostante i proclami di uguaglianza, contemporaneità, attenzione alla moda e alle tendenze, si suppone piangano senza che nessuno si dia la pena di sapere quando e perché).
    

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Le emozioni al potere. Aiuto, fuggiamo finché siamo in tempo. Meno saldi nei loro princìpi, direttore e redattori del mensile francese NEON aggiungono la domanda “E’ così grave?”. In copertina, una ragazza con finte lacrime argentate ha in sovraimpressione un’altra domanda: “Siamo troppo sensibili?”. Il sondaggino introduttivo – quand’è stata l’ultima volta che hai pianto? –  interroga maschi tra i 20 e i 35 anni, più o meno quella dei lettori e delle lettrici (che nonostante i proclami di uguaglianza, contemporaneità, attenzione alla moda e alle tendenze, si suppone piangano senza che nessuno si dia la pena di sapere quando e perché).
    

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L’età conta. Una scrittrice dice di aver riscritto il suo romanzo di qualche anno prima perché solo le donne piangevano. Gliel’ha fatto notare sua figlia, ora le ex piangenti reagiscono. La tenuta del romanzo medesimo doveva essere ben fragile, e i personaggi appena abbozzati, per reggere le modifiche senza danni (provate con un bel romanzo, vi si sbriciola tra le mani). Jonathan Franzen sapeva già tutto. In una scena irresistibile di “Le correzioni”, Chip lo sceneggiatore ha appena lasciato il suo copione a un’agente femmina. Appena va via gli lampeggiano tutte le volte che ha scritto “tette” e roba così, con orribile sguardo da maschio, e pensa sarà respinto.
  

Scopriamo l’esistenza di Anne Vincent-Buffault, professione “storica della sensibilità”. Anche del suo opposto, avendo pubblicato una “Storia dell’indifferenza”. Sostiene: “Non siamo più sensibili alle sofferenze umane: ritagliamo il mondo diversamente”. Ricorda che “ai tempi dell’Illuminismo gli uomini piangevano a teatro, per distinguersi dall’aristocrazia che non lasciava trasparire emozioni”. L’abbiamo presa un po’ da lontano, anche i redattori della rivista poi sentono il bisogno di tornare all’oggi. 
   

Per esempio, citando Ricky Gervais di “The Office” e ora della serie “After Life” (si può dire tutto quel che viene in mente, senza ritegno, se ti è appena morta la moglie? Certo, ma poi tutti cercano di renderti una persona migliore). Il suo punto di vista? “Se ti offendi, non per questo vuol dire che hai ragione”. Arriva in suo soccorso Barack Obama: “C’è una generazione che pensa di cambiare il mondo gettando pietre e trovando capri espiatori”. J. K. Rowling che inventò Harry Potter, per fare un esempio. Lo sdegno travolge anche le traduttrici. 
   

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“Bisogna guardare la cancel culture con occhio benevolo, passerà”, spiega Elodie Safaris di CTRL Magazine. Sicuro, se riusciamo a sopravvivere e a mettere in salvo le cose che ci piacciono: libri, film, registi, scrittori, artisti che non hanno – per loro fortuna – dovuto sottoporsi ai “sensitivity reader”. Lettori, lettrici (e tutti gli stati intermedi, ché nessuno si offenda) appartenenti a minoranze, per espungere gli stereotipi potenzialmente offensivi. 
   

Insomma tutti. Non ci saranno neri né asiatici né messicani, se non di specchiata virtù. Sarà vietato raccontare la storia una bella bionda, per non offendere le rosse (per non parlare delle brutte). Si dà per scontato che la scrittura sciatta o neutra, i personaggi a una dimensione, i romanzi privi di sapore non offendano nessuno.  Sarebbe ora di passare al contrattacco.
  

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