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La società letteraria sovietica anni 80 non è poi tanto diversa dalla nostra di oggi

Mariarosa Mancuso

“Il colbacco” di Vladimir Vojnovich e la gran somiglianza tra ambienti letterari di epoche diverse

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"Il colbacco”. Ma non era “Il cappotto”? No, quello era di Gogol. Questo lo ha scritto il più oscuro Vladimir Vojnovic, nato nel 1932 in Tagikistan e morto a Mosca due anni fa. Nel mezzo, la privazione della cittadinanza sovietica, gli anni trascorsi a Monaco prima della riabilitazione, un ruolo non piccolo nel contrabbandare in occidente il manoscritto di “Vita e destino” di Vasilij Grossman. Sbrigati i doveri geografico-biografici, vale la pena di leggere “Il colbacco” per il resoconto sulla società letteraria sovietica, inizio anni 80. Terribilmente somigliante alla società letteraria italiana, oggi. Potremmo anche dire – Tolstoj ci perdonerà, anche se confessiamo di aver letto “Anna Karenina” sbrigando più velocemente del dovuto gli amori di Levin e Kitty, i noiosoni – che le società letterarie, come le famiglie felici, si somigliano tutte.

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"Il colbacco”. Ma non era “Il cappotto”? No, quello era di Gogol. Questo lo ha scritto il più oscuro Vladimir Vojnovic, nato nel 1932 in Tagikistan e morto a Mosca due anni fa. Nel mezzo, la privazione della cittadinanza sovietica, gli anni trascorsi a Monaco prima della riabilitazione, un ruolo non piccolo nel contrabbandare in occidente il manoscritto di “Vita e destino” di Vasilij Grossman. Sbrigati i doveri geografico-biografici, vale la pena di leggere “Il colbacco” per il resoconto sulla società letteraria sovietica, inizio anni 80. Terribilmente somigliante alla società letteraria italiana, oggi. Potremmo anche dire – Tolstoj ci perdonerà, anche se confessiamo di aver letto “Anna Karenina” sbrigando più velocemente del dovuto gli amori di Levin e Kitty, i noiosoni – che le società letterarie, come le famiglie felici, si somigliano tutte.

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A Mosca, Efim Rachlin scrive con successo storie di persone buone. La censura lo lascia in pace (le trame raccontano eroi con le ossa fracassate: “Ma voi continuate pure a scavare il filone metallifero, lasciatemi morire qui”). I romanzi vengono adattati per il teatro e la radio, lui vive in un appartamento “import”: salotto rumeno, letto arabo, frigo finlandese. Sostituite alle “persone buone” i romanzi con donne protagoniste, vittime o anche solo “dolcemente complicate”, e siamo a noi, oggi. Guardatevi in giro, contate le recensioni e le uscite: sempre anticipate dalle mail degli uffici stampa che annunciano “un romanzo nelle tue corde”. “Voglio leggere di delinquenti, falliti e farabutti, di Raskòl’nikov che fa fuori le vecchie”, gli dice il narratore, quando viene richiesto di un parere e non vede l’ora di dirgli che quel modo di scrivere “meritava ovviamente la fucilazione sul posto” (frase che d’ora in poi sostituirà quella finora in uso: “leggerlo è come farsi strada in una colata di cemento”).

 

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Non fa in tempo, già Efim Rachlin gli sta spiegando che “la gamba rotta sta per la coscienza fratturata” (davvero, non sapete quanti scrittori provano a suggerire; uno che conoscevamo accompagnava i romanzi con un pratico bigliettino: “A pagina taldeitali un bello spunto, al Foglio piacerà”). “Perché scrivere 600 pagine quando tutto è già chiaro nelle prime righe”, insiste il critico. Efim Rachlin insiste con i “flutti irosi”, e ha cura di usare una parola sola per i titoli. Motivo? “La circolazione delle opere letterarie era facilitata quando i titoli venivano utilizzati per i cruciverba”. Ogni tanto gli viene un dubbio, piccolo piccolo, proprio dal fondo della coscienza. Va a rileggersi Čechov, e torna alla sua scrivania rassicurato e rinvigorito: “In quelle pagine non c’era proprio nulla di speciale”. Una vita perfetta, appena intristita dalla figlia Natasha che ha sposato un giovanotto di nome Zimmerman e si è trasferita a Tel Aviv. Finché l’amico Baranov gli telefona, per dirgli: “Danno colbacchi agli scrittori”. Bisogna sapere che i due, visto il luogo e l’epoca, hanno l’abitudine di parlare in codice quando i discorsi si fanno pericolosi. Efim Rachlin mette giù, e si scervella sul possibile significato. Che non c’è, semplicemente regalano colbacchi agli scrittori, hanno preso un confezionatore apposta. Solo che la gerarchia va dall’ermellino al pelo di coniglio. E lo scrittore impazzisce, briga, corrompe. Togliete il colbacco e mettete i premi (già basterebbero le recensioni) e i conti tornano. “Il colbacco” era un libro Einaudi, uscito nel 1995. Sul sito Ibs ancora lo si trova, assieme a “Vita e straordinarie avventure del soldato Ivan Conkin”, e “Mosca 2042”. Siamo chiusi in casa, ma ancora non è vietato divertirsi.

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