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Il padre della "cancellatura"

"Milano, città incancellabile. Serve il partito dei compassati". Parla Isgrò

Carmelo Caruso

"Dopo il virus ci sarà più arte e di qualità. Milano anche se chiude si risolleva. Voglio uomini sobri, in grigio. Le parole torneranno limpide". Chiacchierata con l'artista che ha inventato la tecnica della "cancellatura"

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Il padre della “cancellatura” ha preso tutte le misure necessarie. “Ah, ma io mi sono in realtà autocancellato. Mascherina? Ce l’ho. Guanti? Pure. Cancellazione d’artista. Esco di casa bardato così”. Emilio Isgrò, il pittore che nei suoi quadri ha “tagliato” le parole, l’artista, il pensatore. Ha 83 anni. “Lo sa che Dino Buzzati mi regalò una copia del suo Poema a fumetti con questa dedica: ‘A Emilio affinché mi cancelli’?”. Che grande sciagura il contagio. “E invece che grande esperimento con la solitudine. Non dico che il virus ci renderà tutti artisti ma di sicuro ci avvicina alla condizione dell’artista. All’isolamento. Gli artisti hanno sempre vissuto nell’incertezza. Non erano forse tutti uomini che parlavano con se stessi? Di arte ce ne è anche troppa!”.

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Il padre della “cancellatura” ha preso tutte le misure necessarie. “Ah, ma io mi sono in realtà autocancellato. Mascherina? Ce l’ho. Guanti? Pure. Cancellazione d’artista. Esco di casa bardato così”. Emilio Isgrò, il pittore che nei suoi quadri ha “tagliato” le parole, l’artista, il pensatore. Ha 83 anni. “Lo sa che Dino Buzzati mi regalò una copia del suo Poema a fumetti con questa dedica: ‘A Emilio affinché mi cancelli’?”. Che grande sciagura il contagio. “E invece che grande esperimento con la solitudine. Non dico che il virus ci renderà tutti artisti ma di sicuro ci avvicina alla condizione dell’artista. All’isolamento. Gli artisti hanno sempre vissuto nell’incertezza. Non erano forse tutti uomini che parlavano con se stessi? Di arte ce ne è anche troppa!”.

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Nella sua casa di Milano, nei pressi di piazzale Loreto, si muove da camminatore cancellato. “Gran cosa il camminare. Mi manca la palestra. Non scriva che sono contro la chiusura delle palestre. Parliamo di cose alte. Abbiamo il dovere di dire qualcosa di intelligente. Sforziamoci”. Se chiudono Milano? “Eh. Potrebbe accadere”. E’ la città che “lo ospita” dal 1956 e che nel 2019 gli ha consegnato l’Ambrogino d’oro. “I milanesi mi vogliono bene”. Si prepara. “Per carità, non vorrà chiedermi di schierarmi: chiusura sì o no? Non ho le competenze. Importantissime le competenze. Ho capito. Vuole la mia opinione. D’artista si intende. Ma lei conosce Milano? E’ una città che non può che generare emulazione. Se chiuderà, la sua sarà la migliore delle chiusure. Diventa modello anche nella disgrazia. In ogni caso si risolleverà rapidamente”.

 

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Isgrò, che è siciliano, definisce la sua unione con la città, un’unione civile fra due mamme-spazio. Per allargare l’orizzonte visivo, e concettuale, si è circondato di mediterraneo: mandarini, aranci e limoni. “Ho posticipato le mostre di New York e Hong Kong. New York sta peggio di Milano che non si discute è una città incancellabile come la mia opera ‘Incancellabile vittoria’ ”. E’ stata inaugurata da poche settimane, a Brescia. E’ un’installazione monumentale all’interno della stazione metropolitana. Si è spostato negli ultimi mesi solo per questo evento. “Poi ho effettuato il tampone. Negativo. E’ chiaro che ho paura. Sono fatalista, ma non sciocco”. Ha idea tutta sua, ma dato che è d’artista… “Allora, io credo che il virus ci abbia colpito perché eravamo uomini scoraggiati. Quando si è scoraggiati le difese immunitarie si abbassano. Io la penso come Heidegger. Noi da troppo tempo deviamo nella chiacchiera. Il virus ci ha fatto male. Ma potrebbe ferire anche la chiacchiera”. Dice che la chiacchiera è dannosissima e che è il momento di ragionare di arte. Ma  non è stata cancellata? “Ma no! Roberto Rossellini ha girato ‘Germania anno zero’ con degli spezzoni di pellicola scaduta. Avremo arte migliore. Vedrà. Accadrà il contrario. Dopo il virus ci sarà arte di qualità. Ma non capisce quanto è bello?”. Parla anche del suo patio. “Che cura mia moglie. Ci sono delle ceramiche di Caltagirone”.

 

Per Isgrò stiamo per entrare nell’epoca della parola necessaria, senza ornamento. “Lasciamo perdere gli epidemiologi e alcune loro smanie. Io scommetto che si arriverà alla parola limpida che non è il parlare poco dei siciliani. Eh no. Lì si rischia. Io intendo il parlare essenziale. Se ha pazienza proviamo a dirlo meglio. Ma faccia un buon lavoro. Lo sa che sono stato giornalista pure io?”. Racconta che ha avuto un matrimonio con una donna tedesca e che è il tempo della Germania, dell’Europa. “Mi sembra chiaro che il virus stia facendo l’Europa. Lo conosce quel modo di dire. ‘I tedeschi amano gli italiani ma non li stimano’? Oggi la Germania torna al centro della cultura europea. E’ un bene. Dovrebbe sapere che io non amo i nazionalismi e i nazionalisti. Sono uomini che non hanno fiducia nel prossimo, nei loro vicini. Dobbiamo tornare ad avere fiducia”. A casa Isgrò si è arrivati a questa sentenza: “Una volta gli artisti facevano i buffoni. Ora che tutti fanno i buffoni c’è l’urgenza di tornare all’uomo in grigio. Grigio scuro. Arte d’autore, politica d’autore. Io sono per il ritorno al grigio”. Ma più grigio di così! “E infatti, mi sembra che con tutti gli errori, questo governo grigio sia stato abbastanza saggio”. Gli hanno anche dato dell’artista militante. “Ma meglio militante che militare. Vabbè, sa come la penso? Che oggi l’unica rivoluzione è agire senza fretta. Io sogno il partito dei compassati. Non mi faccia passare per bacchettone. Si ricordi che pure io sono stato giornalista. Metta del suo nel mio. Con ponderazione”.

 

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