PUBBLICITÁ

Consigli per il semi lockdown

Italo Calvino per sopportare il coprifuoco

Mariarosa Mancuso

Rileggere “Marcovaldo”, premonitore della “decrescita felice”. Tornano i nostri suggerimenti per gli annoiati da lockdown

PUBBLICITÁ

Non è mai troppo tardi per riconoscere i debiti. Per anni abbiamo giustificato la noia davanti a certe cose del mondo (tramonti, poesia lirica, cielo stellato, giardinaggio) dichiarandoci sprovvisti di vita interiore. E quindi andavamo a caccia di libri, film, conversazioni brillanti, spettacoli tradizionali e non ultimo “lo spettacolo d’arte varia di un uomo innamorato di te” (invidiamo moltissimo a Paolo Conte la precisione della diagnosi). Poi abbiamo ritrovato il “Lessico famigliare” di Natalia Ginzburg, e la frase era lì, bella rotonda, detta dal padre della scrittrice ai figli che pativano la villeggiatura in montagna: “Voialtri vi annoiate perché non avete vita interiore”.
     

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Non è mai troppo tardi per riconoscere i debiti. Per anni abbiamo giustificato la noia davanti a certe cose del mondo (tramonti, poesia lirica, cielo stellato, giardinaggio) dichiarandoci sprovvisti di vita interiore. E quindi andavamo a caccia di libri, film, conversazioni brillanti, spettacoli tradizionali e non ultimo “lo spettacolo d’arte varia di un uomo innamorato di te” (invidiamo moltissimo a Paolo Conte la precisione della diagnosi). Poi abbiamo ritrovato il “Lessico famigliare” di Natalia Ginzburg, e la frase era lì, bella rotonda, detta dal padre della scrittrice ai figli che pativano la villeggiatura in montagna: “Voialtri vi annoiate perché non avete vita interiore”.
     

PUBBLICITÁ

Pagati i debiti, e siccome ci risiamo – ora si chiama coprifuoco – va chiarito subito che qui diamo consigli a chi la noia la conosce, non a chi si vanta di non annoiarsi mai. E neanche ricorda di essersi mai annoiato, scambiando la rivelazione per garanzia di una vita interiore ricca e rigogliosa. Chi per intenderci, sostiene di poter guardare ore una roccia levigata dal mare. E quando impasta sente un fiotto di energia che dai polpastrelli va alla profondità dell’universo (o viceversa, non siamo stati bene attenti quando lo spiegavano). Poi per forza la (loro) conversazione ne risente – e la mente (nostra) cerca sollievo altrove.
     

I cinema son chiusi, anche se nelle sale di affollamenti non se ne vedevano, tranne per i film con James Bond o i supereroi, tutti già rinviati al 2021. Le librerie sono aperte, ma “Marcovaldo” di Italo Calvino magari lo avete già a casa (sarebbe cosa buona e giusta sostenere le case editrici, pure loro in difficoltà; potrebbero però darci una mano, pubblicando libri meno noiosi). E’ uscito nel 1963, sono venti racconti per niente invecchiati. A parte i panificatori seriali – l’immaginazione di Calvino a tanto non era riuscita ad arrivare, non per colpa sua – troviamo già sulla pagina, infilzati come farfalle di una collezione, una bella brigata di tipi che si aggirano tra noi borbottando parole come “borghi”, “decrescita felice”, “ci dovevamo fermare”, “rinunciamo al superfluo”.
     

Marcovaldo fa il manovale non qualificato, ha una famiglia numerosa, fa fatica a dormire perché tutti russano e di notte gira per la città cercando qualcosa che gli possa conciliare il sonno. Trova una fontana, e senza badare al vigile Tornaquinci che sta nei paraggi apre il rubinetto, e subito si appisola su una panchina. Oggi si comprerebbe uno di quei cd che forniscono a comando scrosci e cascatelle, senza infrangere il coprifuoco.
     

PUBBLICITÁ

Marcovaldo legge su un vecchio giornale (era servito per avvolgere la pietanziera, o schiscetta, o lunch box) che il veleno d’api guarisce dai reumatismi. Si procura un  barattolo, cattura un’ape e fa l’iniezione al vecchietto della panchina accanto, che si alza tutto ringalluzzito. Basta per avviare la catena di montaggio, con l’aiuto dei numerosi figli. Va a finire male, ma con questo abbiamo sistemato anche le cure miracolose con la bava di lumaca, toccasana per le rughe.
   

Mai sentito qualcuno che si lamenta perché le luci della città impediscono di vedere le stelle? Marcovaldo tira giù i neon pubblicitari con la fionda, gli impallano la Luna (si dice quando un attore si mette di mezzo tra la macchina da presa e un altro attore). Anche nei racconti di Marcovaldo arriva Natale, e “non c’è epoca più gentile e buona per il mondo dell’industria e del commercio”, scrive Italo Calvino. E allora sì che il superfluo da male del mondo diventerà obbligatorio, riguadagnando lo spazio che gli spetta. Per il necessario, bastano pane e cipolla. Da coltivarsi sul balcone.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ