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“Attiro su di me cose strane ed eccezionali. Come il Nobel”. La versione di Olga Tokarczuk

Giuseppe Fantasia

Chiacchierata a Pordenonelegge con la scrittrice e attivista polacca, Nobel per la Letteratura 2018. Il lockdown e la nostra inutile fuga dalla fragilità, la percezione del tempo, dei confini da attraversare, del nostro corpo. E la scrittura, come una terapia

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Olga Tokarczuk prima e dopo il Nobel per la Letteratura. A marzo dello scorso anno la incontrammo per la prima volta in un classico hotel ‘romano-pariolo’ rimasto fermo agli anni Ottanta, tutto mogano, luci improbabili e tende con orli dorate abbinate alle sedie. Su una di queste, immobile, ci aspettava lei, timidissima, tutta intenta ad osservarci con i suoi occhi grigio-celesti e ad ascoltarci parlare in italiano in attesa della traduzione in polacco. Teneva le spalle avvolte da uno scialle con fiori e colori visti e rivisti fin troppe volte nei sottopiatti turchi - che un tempo prendevamo solo a Istanbul all’insegna dell’originalità, oggi ovunque, Coin e Rinascente comprese. Sigh. Quell’immagine ci è rimasta ben impressa fino a l’altro giorno, quando l’abbiamo incontrata ancora, ma a Pordenone, super ospite della ventunesima edizione di Pordenonelegge, la prima dopo il Covid.

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Olga Tokarczuk prima e dopo il Nobel per la Letteratura. A marzo dello scorso anno la incontrammo per la prima volta in un classico hotel ‘romano-pariolo’ rimasto fermo agli anni Ottanta, tutto mogano, luci improbabili e tende con orli dorate abbinate alle sedie. Su una di queste, immobile, ci aspettava lei, timidissima, tutta intenta ad osservarci con i suoi occhi grigio-celesti e ad ascoltarci parlare in italiano in attesa della traduzione in polacco. Teneva le spalle avvolte da uno scialle con fiori e colori visti e rivisti fin troppe volte nei sottopiatti turchi - che un tempo prendevamo solo a Istanbul all’insegna dell’originalità, oggi ovunque, Coin e Rinascente comprese. Sigh. Quell’immagine ci è rimasta ben impressa fino a l’altro giorno, quando l’abbiamo incontrata ancora, ma a Pordenone, super ospite della ventunesima edizione di Pordenonelegge, la prima dopo il Covid.

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Camicia a pois neri e bianchi come le scarpe, capelli ben curati e persino un azzardo di colore nel braccialetto e nel trucco. Ennesima dimostrazione che il successo, così come il denaro, se si sanno gestire e si ha del gusto, non possono che migliorarti. Lei è sicuramente rimasta la stessa, ma è la sua aurea ad essere diversa: è più luminosa, più tranquilla, meno timida, ancora più sicura di sé, ma soprattutto libera dal correre verso qualcosa. Il Premio Nobel è il Premio Nobel e non può che averle fatto bene, uno po’ come il Premio Strega ha fatto benissimo ad Antonio Scurati, anche lui presente alla kermesse friulana, meno antipatico del solito, più disponibile e rilassato, “ma questo è dovuto soprattutto al fatto che sono diventato padre”, ci spiega.

  

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Ma torniamo alla Tokarczuk che proprio a Pordenone è arrivata anche con un marito affascinante che l’accompagna ovunque e sempre in macchina, perché l’autrice di “Vagabondi”, “Guida il tuo carro sulle ossa dei morti” e “Nella quiete del tempo” - tutti editi in Italia da Bompiani che sta ripubblicando i suoi libri fondamentali - nonché saggista e attivista, non prende mai l’aereo per rispetto dell’ambiente, un po’ come fa Greta Thunmberg oggi o Lars Von Trier molto prima di lei che a Cannes, quando invitato, si presenta a bordo del suo camper. “Sono anni che viaggiamo in macchina e la nostra è diventata oramai un'occasione unica per chiacchierare”, spiega al Foglio. “Il tempo lungo del viaggio ci dà la consapevolezza di come si modifichino la natura e la luce, di come il corpo ha il tempo di adattarsi e di reagire ai cambiamenti”.

   

"Di solito – aggiunge - attiro su di me cose strane ed eccezionali e il Nobel stesso è stato proprio così”. “Nel momento in cui mi preparavo al tour per incontrare il resto del mondo, si è verificato il Covid e il lockdown che ha costretto a stare tutti a casa", aggiunge la scrittrice, 58 anni, alla quale il premio è stato consegnato nel 2019 per l'anno precedente dopo la mancata assegnazione per lo scandalo molestie che aveva travolto l’Accademia svedese nel 2018. “In ogni caso – ironizza - non ho ancora avuto il tempo di fare l'esperienza di essere un Premio Nobel. È come se avessi la sensazione che si tenda a divinizzare gli scrittori che lo vincono, che li si metta su un piedistallo, ma io non ci riesco. Mi ha portato la totale libertà (ecco che ci dà quindi ragione, ndr) che mi sento libera di scrivere tutto ciò che voglio e come voglio".

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Lei che ha sempre desiderato di “essere eterno movimento”, un po’ come il fiume Oder di cui parla proprio in “Vagabondi”, vi ha dovuto rinunciare durante il lockdown. "Il tour è stato annullato, ho disfatto i bagagli e risistemato tutto, ma non l’ho passato a scrivere, perché come tutti avevo paura. Per la prima volta è come se avessi avuto la percezione del mio corpo e del pericolo a cui andava incontro, un'esperienza a dir poco tardiva". Il corpo, dunque, che muta col passare del tempo, “e che va velocissimo”. Ne parla nel libro “Nella quiete del tempo” (è tradotto da Raffaella Belletti) che è una fiaba sullo scorrere del tempo e sul rapporto dell'uomo con il mondo ambientato a Prawiek, un piccolo villaggio polacco. “L’ho scritto 25 anni fa - dice - e quasi non lo ricordo più, ma resta per me fondamentale, perché dopo il successo che ha avuto in patria ho potuto liberarmi del lavoro di psicologa che facevo prima e occuparmi a tempo pieno della scrittura”. Un successo prima del Nobel, che lo ha semplicemente portato all’estremo.

   

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I cambiamenti - precisa la scrittrice che di cui sta per essere pubblicato un volume di saggi, scritti e lezioni che ha tenuto in questi ultimi anni, compreso il discorso al Nobel (si intitolerà 'Il narratore tenero') - sono meglio della stabilità e sono necessari per poter tendere verso qualcosa che è migliore”. “Spesso dimentichiamo tutta l'esperienza che si trova alle nostre spalle e la nostra è una corsa folle che ci ha portati a perdere la capacità di comprendere le metafore e le allegorie. Siamo diventati terribilmente concreti. Cerchiamo di fuggire dalla fragilità umana”. La scrittura in questo aiuta molto, “e ti salva”, conclude lei prima di salutarci. “La scrittura allarga e approfondisce la nostra coscienza così come accade nella terapia. In quest’ultima vi entriamo senza sapere nulla. Solo così diventiamo più profondi e intensi”. Il successo o un premio possono cambiare, questo sì, ma da dove si viene e i primi amori, quelli no, non si dimenticano.

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