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“Moi les hommes, je les déteste” è l’ultimo atto della resa dei conti grossolana tra uomini e donne

Novantasei pagine di invettiva, un libro andato a ruba in pochi giorni, in attesa di ripubblicazione con un editore più forte

Annalena Benini

Pauline Harmange elogia la misandria come possibilità di un’esistenza libera e felice, proprio ora che i maschi sono elefanti in cristalleria. Polemiche e successo di vendite in Francia 

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Un’invettiva di novantasei pagine minacciata di censura in Francia, e quindi andata a ruba ed esaurita online in pochi giorni, ora in attesa di ripubblicazione con un editore più forte. L’invettiva si intitola: “Moi les hommes, je les déteste” (Monstrograph), io gli uomini li odio, ed è l’atto d’accusa femminista, militante e personale di una giovane donna, Pauline Harmange, aspirante scrittrice venticinquenne, che non era preparata a tanta polemica e a tanto successo, ma lo desiderava molto: “E se sei un uomo puoi darmi i tuoi soldi (li prendo io, non preoccuparti), puoi anche stare zitto e imparare alcune cose che forse le donne della tua vita non hanno l’energia di spiegarti”. Stai zitto, leggi, e abbi l’umiltà di capire di essere parte del problema, e che ho ragione a odiarti, a odiare il mondo maschile in generale e a odiare certi uomini in particolare. Pauline Harmange elogia la misandria come possibilità di un’esistenza libera e felice, forse anche per gli uomini stessi, ma solo se accettano di odiare gli uomini, e dice: state calmi e non provate a paragonare la misandria con la misoginia, perché la prima esiste soltanto come reazione alla seconda. “Voglio dire nel mio libro che le nostre ragioni per diffidare, anche per odiare, gli uomini, sono numerose, legittime e soprattutto non ci bloccano. Vogliono farci credere che odiare gli uomini può portare solo al nostro isolamento e al nostro inaridimento nella società. Io voglio mostrare invece tutto ciò che può fiorire quando lasci gli uomini da parte”.

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Un’invettiva di novantasei pagine minacciata di censura in Francia, e quindi andata a ruba ed esaurita online in pochi giorni, ora in attesa di ripubblicazione con un editore più forte. L’invettiva si intitola: “Moi les hommes, je les déteste” (Monstrograph), io gli uomini li odio, ed è l’atto d’accusa femminista, militante e personale di una giovane donna, Pauline Harmange, aspirante scrittrice venticinquenne, che non era preparata a tanta polemica e a tanto successo, ma lo desiderava molto: “E se sei un uomo puoi darmi i tuoi soldi (li prendo io, non preoccuparti), puoi anche stare zitto e imparare alcune cose che forse le donne della tua vita non hanno l’energia di spiegarti”. Stai zitto, leggi, e abbi l’umiltà di capire di essere parte del problema, e che ho ragione a odiarti, a odiare il mondo maschile in generale e a odiare certi uomini in particolare. Pauline Harmange elogia la misandria come possibilità di un’esistenza libera e felice, forse anche per gli uomini stessi, ma solo se accettano di odiare gli uomini, e dice: state calmi e non provate a paragonare la misandria con la misoginia, perché la prima esiste soltanto come reazione alla seconda. “Voglio dire nel mio libro che le nostre ragioni per diffidare, anche per odiare, gli uomini, sono numerose, legittime e soprattutto non ci bloccano. Vogliono farci credere che odiare gli uomini può portare solo al nostro isolamento e al nostro inaridimento nella società. Io voglio mostrare invece tutto ciò che può fiorire quando lasci gli uomini da parte”.

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Un funzionario dell’Uguaglianza ha chiesto il ritiro delle copie in nome del reato di incitamento all’odio per ragioni di sesso, ma per fortuna non è stato preso particolarmente sul serio: non si bruciano i libri, non si brucia la possibilità di discutere se sia accettabile, costruttivo e anche un po’ di tendenza detestare metà dell’umanità e progettare, provocatoriamente, il suo abbandono. Proprio adesso che i maschi diventano un bersaglio culturale, bisognosi di espiare tutte le colpe: elefanti in cristalleria per i quali l’unica possibilità è chiedere preventivamente scusa. Pauline Harmange è sposata con un uomo che ama e con il quale spera di invecchiare, ha detto, ma questo non cambia il fatto che “millenni di patriarcato”, di sottomissione e di misoginia debbano avere delle conseguenze. Il regno dell’uomo bianco di mezza età è finito, diceva Claire Underwood dopo aver assassinato Kevin Spacey in “House of Cards”, e lo diceva dopo la cancellazione di Kevin Spacey dal suo regno di attore e di uomo di successo. Era due anni fa, era l’inizio di una nuova specie di coolness che prevede, in un modo più generico ma profondamente fondato su sopraffazioni e sottomissioni realmente subite e esercitate, la resa dei conti anche molto grossolana tra uomini e donne. Edna O’Brien, grande scrittrice irlandese, attentissima alle relazioni, disse una volta che dal punto di vista dell’affermazione di una forza, l’unica sicurezza per le donne sarebbe stata in effetti quella di volgere le spalle agli uomini. “Ma questa sarebbe una piccola morte, almeno per quanto mi riguarda”, aggiunse.

 

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