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Amos Luzzatto, il grande biblista che guidò le Comunità ebraiche italiane

Giulio Meotti

E' morto oggi a 92 anni. Dopo essere sfuggito alle leggi razziali, vide il veleno antisemita ritornare negli anni della seconda Intifada e della guerra in Libano

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Roma. “Ricordo molto bene mio nonno Dante Lattes che scriveva su un lungo tavolo, ad un angolo del quale sedevo io a leggere il brano della chiamata di Samuele e ogni tanto gli facevo delle domande”. Amos Luzzatto aveva undici anni quando arrivò a Tel Aviv, nel 1939, era nato nel 1928 a Roma, fuggendo le leggi razziali italiane (il padre era un socialista, manganellato dalle camicie nere). Iniziava allora ad affrontare lo studio del Tanak in ebraico. Nacque allora, a quel tavolo, l’insigne biblista che Amos Luzzatto diventerà. A quel nonno, grande rabbino e intellettuale e uno dei primi sionisti italiani, Luzzatto chiese come si fa a sentire se Dio ti sta parlando e ti sta chiamando. “E’ come una voce particolare che ti chiama dal tuo profondo”, gli rispose. L’ex presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane è stato “richiamato” oggi, a 92 anni. “Tel Aviv era una città tutta nuova, costruita in fretta, le cui case aspiravano ad essere esempi di architettura moderna, e forse un po’ bruttine se giudicate con il gusto di oggi. Ma ci si sentiva più liberi e nel modo di vestire anche più disinvolti che a Roma. Per me poi tutto era nuovo, a cominciare dalla lingua, l’ebraico, che dovevo imparare a parlare come i miei coetanei undicenni”.  

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Roma. “Ricordo molto bene mio nonno Dante Lattes che scriveva su un lungo tavolo, ad un angolo del quale sedevo io a leggere il brano della chiamata di Samuele e ogni tanto gli facevo delle domande”. Amos Luzzatto aveva undici anni quando arrivò a Tel Aviv, nel 1939, era nato nel 1928 a Roma, fuggendo le leggi razziali italiane (il padre era un socialista, manganellato dalle camicie nere). Iniziava allora ad affrontare lo studio del Tanak in ebraico. Nacque allora, a quel tavolo, l’insigne biblista che Amos Luzzatto diventerà. A quel nonno, grande rabbino e intellettuale e uno dei primi sionisti italiani, Luzzatto chiese come si fa a sentire se Dio ti sta parlando e ti sta chiamando. “E’ come una voce particolare che ti chiama dal tuo profondo”, gli rispose. L’ex presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane è stato “richiamato” oggi, a 92 anni. “Tel Aviv era una città tutta nuova, costruita in fretta, le cui case aspiravano ad essere esempi di architettura moderna, e forse un po’ bruttine se giudicate con il gusto di oggi. Ma ci si sentiva più liberi e nel modo di vestire anche più disinvolti che a Roma. Per me poi tutto era nuovo, a cominciare dalla lingua, l’ebraico, che dovevo imparare a parlare come i miei coetanei undicenni”.  

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Amos Luzzato in uno scatto del 2002 (foto LaPresse)

 

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Era un mondo senza precedenti. Il lattivendolo, che gli portava il latte ogni venerdì, si fermava a discutere con il nonno delle Scritture. Intanto, Enzo Sereni ripeteva: “Dateci finalmente le nostre prostitute e i nostri ladri”. Si voleva la normalità dopo secoli di diaspora. Fieramente di sinistra (“Memorie di un ebreo di sinistra” è il sottotitolo della sua autobiografia), chirurgo di origine triestina trapiantato a Venezia, famiglia dal passato talmente labirintico che un Bonnet de Latés pare fosse stato medico alla corte papale, Luzzatto fu presidente degli ebrei italiani dopo Tullia Zevi in anni di antisemitismi vecchi e nuovi. Rientrato in Italia dopo la Shoah, visse anche da presidente un lungo e felice periodo di ricostruzione delle istituzioni democratiche e civili, quando l’antisemitismo era tenuto ai margini della società civile e della cultura italiane. Fu lui ad accompagnare il post fascista Gianfranco Fini allo Yad Vashem di Gerusalemme. Luzzatto lascerà l’incarico in una Italia e in una Europa trasformate. Erano gli anni della Seconda Intifada e della guerra in Libano. Anni in cui iniziò a circolare quel “sottile veleno che si diffonde in Italia e anche in Europa e che tende ad equiparare gli ebrei e Israele ai nazisti: un paragone che, anche se palesemente assurdo, ripetuto però più volte, finisce con l’entrare nell’immaginario collettivo”. Luzzatto è stato “richiamato” mentre quel veleno l’immaginario collettivo lo sta occupando sempre di più.

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