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Agamben nella strana movida dei renitenti al reale

Giuliano Ferrara

La nuova costituzione totalitaria dell’universo, l’invenzione della pandemia e la storia penosa del negazionismo finito nelle mani imprecise di un filosofo attaccato fino al ridicolo al suo partito preso

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Il cretino pensoso si sposa bene con lo scrittore vanitoso. Giorgio Agamben è un campione mondiale della materia. Ha di recente riunito per Quodlibet una serie di scritti e interviste il cui argomento foucaulteggiante è la trasformazione della democrazia in biopolitica e della biopolitica in biosicurezza e governo dello stato d’eccezione, molto citati Hitler e Eichmann come prototipi o archetipi del supercontrollo globale dell’umanità in oscuro dispiegamento. Il fondamento o come direbbe il pensoso la Grundnorm di questa nuova costituzione totalitaria dell’universo è l’invenzione di una pandemia come pretesto. Nell’avvertenza alla silloge (“A che punto siamo? L’epidemia come politica”) Agamben si lascia però sfuggire, a cose fatte, una strana controverità che riduce in brandelli le sue pagine analitiche dense di falsa coscienza ideologica: “A questo punto, dice, non ha importanza se la pandemia sia vera o simulata”. Se ne ricaverebbe a fil di logica che non hanno importanza gli scritti di Agamben, veri o simulati, sull’invenzione della pandemia.

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Il cretino pensoso si sposa bene con lo scrittore vanitoso. Giorgio Agamben è un campione mondiale della materia. Ha di recente riunito per Quodlibet una serie di scritti e interviste il cui argomento foucaulteggiante è la trasformazione della democrazia in biopolitica e della biopolitica in biosicurezza e governo dello stato d’eccezione, molto citati Hitler e Eichmann come prototipi o archetipi del supercontrollo globale dell’umanità in oscuro dispiegamento. Il fondamento o come direbbe il pensoso la Grundnorm di questa nuova costituzione totalitaria dell’universo è l’invenzione di una pandemia come pretesto. Nell’avvertenza alla silloge (“A che punto siamo? L’epidemia come politica”) Agamben si lascia però sfuggire, a cose fatte, una strana controverità che riduce in brandelli le sue pagine analitiche dense di falsa coscienza ideologica: “A questo punto, dice, non ha importanza se la pandemia sia vera o simulata”. Se ne ricaverebbe a fil di logica che non hanno importanza gli scritti di Agamben, veri o simulati, sull’invenzione della pandemia.

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L’Autore cita Manzoni, come banalmente tutti hanno più o meno fatto, senza tenere in conto che la Colonna infame nello scrittore lombardo non ha mai comportato la negazione della peste e del lazzeretto. Cita Montaigne, per il quale vivere è imparare a morire e la morte va aspettata dovunque, bene, quello era uno scrittore vanitoso e eccelso nel suo umanismo incontaminato, ma dimentica che il signore di campagna e sindaco di Bordeaux fuggì il suo castello e smise di adempiere ai suoi doveri di amministratore pubblico per paura della peste, entrando in lockdown come capiterà cinquecento anni dopo a tutti noi. Cita Foucault e i suoi dispositivi di controllo sociale senza rendersi conto che il maestro era renitente a mettere nel conto dello stato quel che era nei veri poteri dell’antropologia e del pensiero diffuso, il dispositivo del governo di sé e degli altri essendo affare molto più complesso di una accezione così banale, come in Agamben, dello stato di eccezione. Implora Papa Francesco di fare come Francesco e abbracciare i lebbrosi, dimenticando che non tutti i santi sono gesuiti e non tutti i gesuiti sono santi. Di Hitler e di Eichmann non saprei cosa dire, mi sembrano alquanto differenti dai signori dell’Europa dei mercanti, luogo oggi a suo modo felice e abbastanza solidale.

  

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Che un erudito tanto raffinato, bello il suo libretto sull’intelletto d’amore, abbia deciso di concedere le sue grazie a Bolsonaro e a Trump, questo non mi stupisce. Politics makes strange bedfellows. Né mi scandalizza. Una verità è una verità anche se nelle mani di autocrati come Lukashenka o Kim Jong Un, anche se sparsa da fottutissimi statisti criminogeni a Rio de Janeiro e a Washington. Il neototalitarismo però è ravvisabile nello stile dei gangster demagogici che rovinano la salute pubblica e la democrazia dei loro paesi, e governano con Twitter applicando alla lettera il distanziamento sociale, bestia nera dell’Autore preoccupato della fine dei seminari universitari e dello studentato, in un tripudio di schermi freddi e mascherine asettiche, ma quando mai. Teorico della resistenza al nuovo potere biosecuritario, con inflessioni meno bizzarre e festaiole del National Security State di Gore Vidal, Agamben con questi saggetti partecipa alla strana movida dei renitenti al reale. A me il negazionismo, quando si tratti di pensiero dominante apocalittico e di controllo sociale e scientista del bourgeois e del citoyen, non dispiace affatto, ma vederlo nelle mani imprecise di un filosofo attaccato fino al ridicolo al suo partito preso, questo mi dispiace.

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