Correva l'anno 1914 e il giovane Gramsci prese le difese di Mussolini

Giuseppe Bedeschi

È tempo di alzare il velo di pudore durato troppi anni

La pubblicazione degli scritti giovanili di Antonio Gramsci, per iniziativa dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana, dei quali esce ora il primo tomo (Scritti 1910-1916), sollecita alcune riflessioni sulla formazione culturale del grande intellettuale sardo. Uno dei nodi politici più importanti e significativi riguarda l’atteggiamento del giovane Gramsci verso la partecipazione dell’Italia alla Prima guerra mondiale. Come è noto, su tale questione la posizione dei socialisti italiani fu tutt’altro che monolitica. Quattro giorni prima che la guerra incominciasse, il 28 luglio 1914, la direzione e il gruppo parlamentare socialisti chiesero la “neutralità assoluta” dell’Italia. Ma non pochi socialisti distinguevano nettamente tra gli imperi centrali assolutisti e la Francia repubblicana, ed erano indotti a parteggiare per i paesi aggrediti (Francia e Belgio). Questa inquietudine si manifestò in tutta la sua portata nel famoso articolo che il direttore dell’Avanti!, Benito Mussolini, pubblicò sul suo giornale, col titolo Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva ed operante (in cui si leggeva fra l’altro: “Vogliamo essere (…) gli spettatori inerti di questo dramma grandioso? O non vogliamo esserne, in qualche modo e in qualche senso, i protagonisti?”).

 

Che Mussolini esprimesse lo stato d’animo di parecchi socialisti, lo si vide a Torino, dove alcuni giovani, già intensamente impegnati nell’attività socialista, assunsero posizioni assai poco ligie alla “neutralità assoluta”. E’ vero che Angelo Tasca scrisse sul settimanale socialista torinese Il grido del popolo, del 28 ottobre 1914, un articolo decisamente contrario alla nuova posizione di Mussolini. Ma sullo stesso settimanale, il 31 ottobre, Gramsci scrisse a sua volta un articolo assai critico verso Tasca, e molto aperto e comprensivo verso la nuova posizione del direttore dell’Avanti!. Il giovane intellettuale sardo, infatti, criticava la “comoda posizione della neutralità assoluta”, temendo che essa potesse indurre i socialisti “ad una troppo ingenua contemplazione e rinunzia buddistica dei [loro] diritti”. Gramsci sottolineava il “concretismo realistico” del direttore dell’Avanti!, e osservava che “i rivoluzionari che concepiscono la storia come creazione del proprio spirito, fatta di una serie ininterrotta di strappi operati sulle forze attive e passive della società (…) non devono accontentarsi della formula provvisoria ‘neutralità assoluta’, ma devono trasformarla nell’altra, ‘neutralità attiva e operante’”.

 

La cosa non deve stupire. “Noi giovani – scriverà Mario Montagnana (cognato di Palmiro Togliatti) – eravamo tutti entusiasti di Mussolini; un po’ perché era, relativamente, un giovane anche lui; un po’ perché aveva sbaragliato i riformisti, e, finalmente, perché i suoi articoli sull’Avanti! ci parevano forti e rivoluzionari”. In questo quadro va vista l’apertura di credito del giovane Gramsci a Mussolini, la cui posizione egli, nell’articolo citato, valutava in questo modo: “Non un abbracciamento generale vuole quindi il Mussolini, non una fusione di tutti i partiti in una unanimità nazionale, ché allora la sua posizione sarebbe antisocialista… Né la posizione mussoliniana esclude che il proletariato possa, dopo un fallimento o una dimostrata impotenza della classe dirigente, sbarazzarsi di questa e impadronirsi delle cose pubbliche”.

 

Su queste vicende è calato per molto tempo un velo di pudore, quasi che esse contenessero qualcosa di vergognoso. Come se anche Antonio Gramsci non avesse avuto un suo percorso culturale e politico, da analizzare con cura in tutte le sue tappe. Un percorso, certo, sempre lontano mille miglia dal socialismo riformista.

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