Viaggio nella luce della storia occidentale

Fiona Diwan

In ogni capitolo di “Il Bene possibile” di Gabriele Nissim scorrono vite parallele in cerca di frammenti di autenticità, figure in cerca di una verità esistenziale 

C’è la storia di Etienne de La Boétie, il grande umanista amico di Montaigne, che nel periodo più cupo delle guerre di religione nella Francia del Cinquecento si interroga – nel suo Discorso sulla servitù volontaria – su dove sia finito il Bene collettivo, su come finirla col bagno di sangue tra cattolici e protestanti e su come un tiranno possa rendere i propri sudditi complici del proprio potere a tal punto da pervertirne i valori e spingerli a ogni forma di efferatezza.

  

E poi c’è la vicenda di Lassana Bathily, il giovane malese musulmano che nel 2015, durante gli attentati terroristici a Parigi, riuscì a salvare una quindicina di ebrei nell’Hypercasher attaccato dai kamikaze, nascondendoli in un frigorifero. C’è Antoine Leiris, un marito a cui l’amatissima moglie, la bella Helène, viene strappata nell’attentato al Bataclan, Antoine che in nome del figlio Melvil rimasto orfano, si rifiuta di regalare ai carnefici il proprio odio e tanto meno la sete di vendetta. Ma c’è anche la lezione di Winston Churchill, senza la cui incoercibile testardaggine forse la Seconda Guerra mondiale avrebbe preso tutto un altro corso. O ancora Shakespeare che, nell’Amleto, ci parla di un “tempo scardinato e sconcio”, con quel leggendario “c’è del marcio in Danimarca” che allude alle coscienze individuali sovvertite dall’opportunismo politico, dalla delazione e dall’assassinio.

  

Ma la storia forse più interessante che il saggista e scrittore Gabriele Nissim ci racconta nel suo saggio Il bene Possibile. Essere giusti nel proprio tempo (Utet), è quella di Ho Feng-Shan, console cinese a Vienna nel 1938, che giocando sulle ambigue direttive politiche del proprio governo, rilascia centinaia di visti agli ebrei austriaci, molti dei quali si metteranno in salvo scappando alla volta di Shangai. Console della Cina nazionalista di Chang Kai Chek, Ho Feng-Shan e il suo umanesimo confuciano moriranno dimenticati, nel silenzio del mondo, e solo nel 2001 lo Yad Vashem di Gerusalemme avrà modo di ricordarlo come giusto tra le nazioni.

  

Il saggio di Gabriele Nissim è un viaggio nella storia occidentale alla ricerca dei sentieri luminosi tracciati dai pochi che seppero resistere all’abbraccio di tenebra della storia d’Europa. Con perizia didattica e il talento dell’educatore, tenendo sottobraccio l’Etica di Spinoza, Nissim attraversa i secoli e mette in parallelo i destini di scrittori e filosofi, di politici, militari e persone ordinarie, alla ricerca di scintille di Bene, pepite di lucida consapevolezza nella buia notte in cui si mettono in cammino le “armate degli orchi“, per dirla alla Tolkien. Figure che scelsero il “bene possibile” in circostanze estreme, veri guardiani della soglia quando non sappiamo più ciò che è giusto o sbagliato, quando tutto precipita nell’apocalisse di sangue e il Dio degli eserciti si mette in marcia.

  

Nissim sa intrecciare così i destini di Socrate e Dimitar Pesev (il politico bulgaro che nel 1940 evitò la deportazione degli ebrei sotto il giogo nazista), accosta le vite di Marco Aurelio e Moshe Bejski, la saggezza fragile dell’imperatore romano accanto all’eticità del giudice del Tribunale del Bene di Yad Vashem. O ancora la parabola filosofica di Etienne de La Boétie e la resilienza di Václav Havel, eroe della primavera di Praga e futuro presidente ceco, che con Charta77 seppe coinvolgere il popolo in una resistenza inflessibile ma pacifica, contro l’occupazione russa.   

  

Vite parallele in cerca di frammenti di autenticità quando tutto intorno l’universo crolla nel pozzo nero dell’ipocrisia e della delazione. Scorrono in ogni capitolo vite esemplari, figure in cerca di una verità esistenziale da vivere ai margini di un mainstream fatto di prevaricazione, sospetto e abuso. Il male vince, quando è condiviso. E a volte può bastare un solitario gesto di audacia, di inosservata e silenziosa pietas, per azionare lo scarto che sposterà su un altro binario la locomotiva della storia.

  

Nato in una famiglia ebraica di origine greca di Salonicco, una zia e una cuginetta di 5 anni morte ad Auschwitz (a loro è dedicato il saggio di cui stiamo parlando), scrittore, fondatore e presidente di Gariwo, la Foresta dei Giusti,  la onlus che si occupa della ricerca delle figure esemplari dei giusti e della loro divulgazione, Nissim è stato ospite in Vaticano da Papa Francesco il 7 marzo 2018, recentemente ricevuto e nominato Cavaliere dell’Ordine nazionale al Merito dal presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron  “per il lavoro sulla memoria e lo sviluppo delle relazioni tra i nostri due paesi”. Spiega Nissim: “Santi ed eroi esistono solo nella nostra fantasia, mentre è stimolante scoprire che uomini normali, con gli stessi nostri difetti, sono stati capaci di compiere atti di coraggio in modo sorprendente e inaspettato. Il giusto è semplicemente chi agisce per salvare una vita, anche se non ha nessuna possibilità di salvare il mondo intero. Uomini e donne, a volte sconosciuti ai più, che hanno avuto la forza di spostare la Storia”.

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