Il fascino della spy story nel crudele (ma divertente) romanzo di Johnson
I misteri africani di “Mostri che ridono” (Einaudi)
Di sicuro nessuno ha davvero detto quello che sa, o ha in mente: “Ci piace parlare di come il mondo è cambiato dopo il crollo delle Torri Gemelle. Possiamo tranquillamente dire che la parte più cambiata è il mondo dell’intelligence, della sicurezza e della difesa. In quel settore non c’è recessione”. Ogni romanzo che funzioni ti comunica e consegna un mondo, accennato da mille dettagli e che pure supera la mera somma delle parti: qui è un’Africa di connessioni elettriche altalenanti, lamiere martellate dal sole, Medici senza Mutande (per come si tengono vicini ai bordelli) lusso e miseria. Un mondo dove “il mare è caldo come una vasca da bagno. È scuro, non tanto blu quanto nero, un nero lucente. Ti addentri a guado finché non puoi più. Procedi a nuoto finché non puoi più. Poi ti prende”; e dove la bigliettaia del bus prega a voce alta “che quel viaggio non ci uccidesse tutti. Ci invitò a rivolgerci al nostro vicino e ad augurargli la stessa cosa, e noi ubbidimmo, buona fortuna, possa questo tuo viaggio non essere l’ultimo, anche se uno di questi viaggi, di sicuro, manderà tutti noi – o le parti di noi che verranno ritrovate – al cimitero”. Si deve esibire “nel sorriso sofferente ed esausto dell’europeo bianco, l’unica alternativa all’omicidio”, ma facendo molta attenzione perché “in Africa, così mi assicurano gli esperti, il primo morto fa saltare una specie di tappo, e poi non ci si ferma più”.
Un mondo incarnato dal misterioso comprimario ugandese, col suo perorare allusivo da stregone tribale. Un romanzo crudele e molto divertente, su ciò che siamo in grado di svendere e ciò che invece cerchiamo di tenerci stretto: “Pensai di buttare via la cintura con la sua sospetta fibbia di metallo, presi in considerazione anche i bottoni della camicia e dei calzoni, mi resi conto che avrei anche potuto girare nudo, ma che certezza avrei ottenuto? C’è sempre qualcos’altro di cui sbarazzarsi. Qualcosa dentro”. Una volta Auden espresse il sentimento di molti lettori, affermando che ci sono personaggi che vorremmo invitare a cena. Non è certo una conquista da poco quella di riuscire a raccontare un pericoloso soldato doppiogiochista che pure è così maledettamente seducente da farti desiderare un viaggio in un autobus cadente, pur di restare insieme a lui. E chissenefrega se sta imbrogliando anche la sua amata fidanzata, e mentendo persino a te, nel Grande Gioco: “Vero o falso, cosa importa? La verità di Michael vive solo nel mito. Nei fatti e nei dettagli muore”.