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L’Alta velocità è un’eccellenza, ma migliorare si può. Ecco come

Al di là delle polemiche pretestuose sulla saturazione della linea (falso), il disastro di Lodi è l'occasione per prevenire una crisi di crescita tornando a investire

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Adesso comincerà il sistematico attacco al gestore della rete, poi verranno fuori le banali considerazioni dei vari esperti del trasporto ferroviario che denunceranno che il sistema ERTMS / ETCS (European Rail Traffic Management System/European Train Control System) non è affatto garantista. Il sistema infatti, qualora il macchinista non rispetti il sistema di segnalamento, qualora il macchinista superi determinate soglie di velocità, blocca il treno. In realtà la risposta a queste critiche al sistema tecnologico è immediato: il treno viaggiava a 299 Km/ora e quindi non c’era alcun motivo perché il sistema Ertms lo bloccasse. Allora sono o saranno problemi legati ai lavori di manutenzione in corso sulla linea e, anche in questo caso, saranno le perizie e le indagini a chiarire quanto sia stata determinante per il deragliamento una simile attività e non le generiche prese di posizione dei vari esperti che sicuramente cercheranno di produrre appositi pareri. Poi ci saranno le critiche sulla saturazione della linea ad alta velocità e quindi sullo sfruttamento massimo del gestore per ottenere i massimi profitti.

 

Anche in questo caso va ricordato che siamo ancora lontani da una saturazione della rete e nessuno all’interno delle Ferrovie rischierebbe mai di stressare la rete stessa. Quindi non cadiamo nelle purtroppo gratuite critiche che prendono corpo proprio di fronte ad eventi che generano subito occasioni per attaccare una offerta ferroviaria che ha tutti i connotati tipici di una offerta eccellente. Ciò su cui varrebbe la pena soffermarmi riguarda un tema diverso: l’opportunità di utilizzare questa tragedia per riflettere su alcuni punti che è bene affrontare proprio in questa fase in cui sta, mese dopo mese, crescendo sempre più la domanda di trasporto su ferrovia e in particolare su quella con caratteristiche di “alta velocità” e di “alta frequenza”.

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Diversi osservatori hanno ricordato recentemente che il successo di questa offerta di trasporto su ferro debba essere ricercata sulla “frequenza”: andare in una stazione della rete AV e trovare ogni 20-30 minuti un treno che assicuri il collegamento con i vari nodi urbani del paese non solo attrae sempre più la domanda di trasporto ma addirittura in futuro oltre a “Italo” ci saranno sicuramente altri vettori che garantiranno simili collegamenti. Allora non in un futuro molto lontano, non potendo stressare la rete, saremo costretti a rivedere le frequenze, a rivedere i tempi e questo potrebbe produrre automaticamente una perdita di domanda di trasporto. Sicuramente quindi sarà opportuno, proprio partendo da un evento così tragico, riconsiderare le funzioni e le caratteristiche della linea storica in modo da ampliare l’offerta sia per il trasporto delle merci che dei passeggeri e, se necessario, verificare la opportunità di investimenti per velocizzare la linea storica.

 

Sicuramente le Ferrovie dello Stato stanno affrontando una simile ipotesi di lavoro perché sin dai primi anni di avvio dell’esercizio della rete ferroviaria ad alta velocità si è sempre stati molto attenti al rischio che il successo dell’alta velocità si trasformasse in un limite dovuto proprio alla esplosione della domanda. Pochi, infatti, inizialmente immaginavano che questo nuovo modo di concepire i treni crescesse in poco tempo in modo così rilevante. In fondo il paese si è già dotato di una rete di circa 800 Km e presto raggiungerà i 1200 Km. Una rete che ha cambiato le nostre grandi stazioni trasformandole in veri centri mercato, che ha rafforzato la necessità di collegare gli hub urbani con reti metropolitane e aeroporti (vedi Milano e Roma), che ha rivoluzionato la qualità dei treni e l’efficienza delle tecnologie legate al controllo e alla sicurezza, aumentando gli introiti delle Ferrovie dello Stato generati dai proventi del traffico e dai pedaggi degli utilizzatori della rete. Ebbene, queste positività non solo non dobbiamo perderle ma dobbiamo anticipare le azioni capaci di evitare una crisi di crescita, in un comparto in cui si rischia di perdere utenti non appena cominciano a comparire segnali di non adeguata qualità. In questo approccio non ci dimentichiamo mai sia delle critiche iniziali (dal 1991 al 2000) al progetto ferroviario ad Alta Velocità come inutile e ridondante rispetto alle esigenze della domanda di trasporto, sia delle ultime in cui si è ritenuto, da parte di alcuni esperti, non conveniente il completamento delle tratte di Milano-Genova, Brescia-Verona-Vicenza-Padova e addirittura se ne è bloccato per circa due anni l’avanzamento dei lavori. L’Alta Velocità è un’eccellenza. Ma il disastro di Lodi è lì a ricordarci che migliorare si può. E forse si deve.

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