Stato vs mafia. Perché vogliamo per forza perdere

Enrico Cicchetti

L'arresto di Messina Denaro chiude la stagione stragista di una Cosa nostra già in declino. Ma nel dibattito e in tv vanno forte le teorie complottiste e sconfittiste. L'antimafia ferma a trent'anni fa e i talk che fanno gli uffici stampa dei mafiosi. Parla il sociologo Catino

“Nel dibattito pubblico dopo l'arresto di Matteo Messina Denaro stanno prevalendo teorie complottiste e sconfittiste che rischiano di ridurre la portata investigativa dell’arresto”, dice al Foglio Maurizio Catino, ordinario di Sociologia dell'organizzazione presso l'Università di Milano - Bicocca, che di mafie si è occupato a lungo, con numerose pubblicazioni negli ultimi sette anni. Nel 2020 ha pubblicato il saggio (edito dal Mulino e tradotto anche in inglese e giapponese) “Le organizzazioni mafiose. La mano visibile dell'impresa criminale”. C'è, anche tra i pm, chi parla ancora di Trattativa, nonostante le smentite giudiziarie, e chi sostiene che il superlatitante si sia fatto prendere come scambio di favori in un patto scellerato con lo stato. “Si va affermando una nuova forma di verità. Ben oltre la distinzione tra verità giudiziaria, accertata processualmente, e verità storico-sociale, si osserva l’emergere di una narrazione basata esclusivamente su ipotesi, talvolta di tipo fantasioso. Tutto in assenza di prove. E dalla possibilità si passa, per via mediatica, al potere di verità, finendo per affermare la retorica come sostituto della prova”. Per rendere le cose ancora più chiare, in un articolo appena pubblicato sulla rivista Il Mulino, il prof. Catino usa l'immagine dell'Angelus Novus dipinto da Paul Klee. “Un angelo spinto nel futuro ma con lo sguardo sempre rivolto all'indietro. Molto appropriata per una certa antimafia mediatica”.   

“Alcuni talk – prosegue il sociologo – hanno invitato a parlare magistrati le cui tesi sono state smentite nei tribunali. Questi dicono cose che non vengono neanche messe in discussione da conduttori impreparati. L’ex procuratore generale di Palermo e oggi senatore M5s Roberto Scarpinato addirittura sostiene che la Trattativa sia tuttora in corso, senza però fornire nessun dato empirico a questa ipotesi. Intanto la criminalità organizzata in Lombardia non è più 'infiltrata' bensì 'radicata' e si presenta in tutt'altro modo rispetto alla Cosa nostra di Riina. Oggi il vero problema è semmai la 'Ndrangheta. Gli investigatori la mettono al primo posto nella triste classifica delle mafie. Ma giornali e televisioni tendono a enfatizzare poco questo cambiamento. Se fossi un 'ndranghetista non potrei che ringraziarli. Anche l'antimafia deve aggiornarsi per essere all'altezza del compito al quale è chiamata. Invece sembra che si sia fermata a trent'anni fa”.

   

Non ci sono solo i magistrati però, i talk ospitano anche personaggi come Salvatore Baiardo...

“Baiardo ospite di Massimo Giletti a Non è l'Arena ha dato messaggi chiari. Ha detto di non essere un pentito e di avere fatto dodici querele contro chi lo chiama pentito”, ricorda Catino. “Ma se non parla come pentito allora a che titolo lo fa? Di chi è portaparola? Una grande rete televisiva nazionale gli dà spazio, stravaccato su una grande poltrona mentre l'ex ministro Claudio Martelli è scomodamente appollaiato su un trespolo. La tv ha messo il mafioso al centro. Le organizzazioni criminali non hanno uffici relazioni col pubblico, ormai glielo fanno gratis i media”.

 

Con l'arresto dell'ultimo componente ancora latitante della oramai sciolta commissione regionale di Cosa Nostra è stata sconfitta “la” mafia o piuttosto “una” mafia? Non c'è forse ancora la mafia bianca? O quella descritta dalla gup di Caltanissetta Graziella Luparello come “trasparente”, magari nascosta dietro un'antimafia di facciata?

“Messina Denaro era il pezzo mancante per potersi dire conclusa del tutto la 'parentesi corleonese', che tuttavia già era stata chiusa con l'arresto di Bernardo Provenzano nel 2006. Per carità, molte sono le domande ancora aperte e Cosa nostra è tutt'altro che scomparsa. Ma la mafia siciliana oggi è destrutturata e indebolita, non tiene una commissione regionale dal 1992. Gli arresti l'hanno decimata, è in crisi di leadership e ogni tentativo di ricostruirne una è stato represso. Il numero di ergastoli irrogati per omicidi di mafia è impressionante: più di 450 condanne nel solo distretto di Palermo dal 1992 al 2006. Erano solo 19 nel primo grado del maxi-processo (tra l’altro, non tutte confermate in Cassazione). Cosa nostra è anche meno violenta: ha tassi di omicidio bassissimi. Soprattutto nelle aree non tradizionali, al nord Italia per esempio, le mafie incontrano una struttura di vincoli e di opportunità che disincentiva l’adozione della violenza. Quando questa viene esercitata, è più spesso contro le cose che contro le persone. Come si fa a dire che lo stato ha perso contro Cosa nostra?”.

  

Una narrazione disfattista che si è sentita da alcune parti in questi giorni è quella che descrive come inutile l'arresto, perché tanto la mafia è una fenice che risorge dalle sue ceneri. Insomma, morto un boss se ne fa un altro.

“Non è così, non è come sostituire un capufficio”, smentisce il prof. Catino, che per spiegarlo usa un po' di teoria dell'organizzazione. “La gerarchia criminale di Cosa nostra ha dei gradi, dagli associati ai soldati e su fino ai capi mandamento e poi ai rappresentanti provinciali e regionali. Per fare un 'capo' serve un lungo periodo di learning by doing, servono decenni di formazione”.

  

Quindi ora che cosa succederà a Cosa nostra?
“È probabile che uno dei quattro capi mandamento, oppure una persona scelta dall'esterno, cercherà di coordinare la zona di Trapani”.

 

Insomma, Matteo Messina Denaro non era insostituibile...

“È stato un leader importante, capo della provincia di Trapani, dove ci sono 17 famiglie (le unità organizzative di base di una mafia) e quattro mandamenti (distretti che raggruppano da tre a sei famiglie). Particolarmente vicino a Riina, ha svolto un ruolo rilevante nelle stragi del 1992 e del 1993 ed è certamente custode di segreti di queste e di altre vicende. Ma un mafioso palermitano non si sarebbe mai fatto comandare da un trapanese: l'enfasi sul superboss è eccessiva e deriva più dalla sua decennale latitanza che dal suo vero potere”.

  

   

È vero che per una latitanza lunga trent'anni servono i soldi, e tanti, ma anche gli agganci, le protezioni. Non solo quella dei vivandieri. Si è parlato molto di “borghesia mafiosa”. Che cosa si intende e che cos'è oggi?

“Borghesia mafiosa è un termine Novecentesco, proposto nei primi anni Settanta da Mario Mineo e poi ripresa e approfondita da Umberto Santino. Usarlo oggi crea un'aura mitica: chissà che cosa decidono nelle segrete stanze? Ma il concetto di 'borghesia mafiosa' è sovrapponibile a quello di 'zona grigia', una locuzione diventata in molti casi un catchall concept, grigio in sé, che piuttosto che far luce costruisce una cortina fumogena che offusca la comprensione dei processi e dei meccanismi sottostanti il fenomeno”. Forse è meglio parlare di rete esterna, senza la quale la mafia non riuscirebbe fare granché, dice il professore. “L'82 per cento dei mafiosi condannati in via definitiva dal 1983 al 2016 ha studiato dai 5 agli 8 anni. Con un simile capitale umano, l'organizzazione mafiosa ha bisogno di affidarsi a soggetti esterni che li mettano in collegamento con diversi attori del mondo legale, personaggi influenti delle imprese e delle amministrazioni, identificando quei soggetti più facilmente corruttibili per realizzare affari illeciti, per garantirsi accessi preferenziali a gare d’appalto o per ottenere informazioni sulle indagini in corso. La rete esterna fornisce il proprio expertise anche per operare nel mondo finanziario, bancario, societario e immobiliare e potere così riciclare e reinvestire i capitali illeciti”.

  

Messina Denaro ha davvero i famosi documenti sottratti nel covo di Riina?

“Il pentito Antonino Giuffrè, nel corso della sua deposizione al processo per la trattativa stato mafia, al bunker dell’Ucciardone di Palermo, ha detto: 'Credo che parte dei documenti presi a casa di Totò Riina subito dopo il suo arresto siano finiti nelle mani di Matteo Messina Denaro'. Nella narrazione complottista quella ipotesi è diventata una certezza e quella 'parte' un 'tutto'. Quali carte troveremo nei covi di Matteo Messina Denaro? Ho molti dubbi: quella mafiosa è soprattutto cultura orale. In trent'anni di indagini abbiamo trovato: una pagina dattiloscritta con il decalogo del 'perfetto mafioso'; alcuni libri mastri, utili per capire il funzionamento dell'organizzazione (si parla per esempio dei salari ai mafiosi detenuti, di spese extra a Natale); le descrizioni di alcuni rituali di affiliazione piuttosto complessi. E in quest'ultimo arresto alcuni 'pizzini' di Matteo Messina Denaro che il gip ha definito 'dal contenuto oscuro'. È possibile che tutti i documenti che non abbiamo trovato in tre decenni fosse nel covo di Riina?”.

  • Enrico Cicchetti
  • Nato nelle terre di Virgilio in un afoso settembre del 1987, cerca refrigerio in quelle di Enea. Al Foglio dal 2016. Su Twitter è @e_cicchetti