PUBBLICITÁ

La retromarcia sul Superbonus è il colpo di grazia ai terremotati

Nicoletta Tiliacos

Il Mef e buona parte del Pd ora vogliono sbarazzarsi del Superbonus nel giro del 2021 o al massimo del 2022, smentendo precedenti ipotesi di proroga al 2024 e oltre

PUBBLICITÁ

 

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


 

PUBBLICITÁ

E’ proprio vero, come ha scritto Luciano Capone sul Foglio del 12 dicembre, che anche il Superbonus edilizio al 110 per cento, il cui futuro appare parecchio in bilico nella legge di Bilancio in discussione, è parte di quella sindrome dei Robin Hood al contrario che fa togliere ai poveri per dare, se non ai ricchi, quantomeno ai benestanti? E che un forte incentivo al miglioramento antisismico ed energetico del patrimonio edilizio italiano, più che carente sotto questi aspetti, abbia lo stesso grado di superfluità e irrilevanza degli incentivi per i monopattini (questi sì, davvero incomprensibili), in un paese come il nostro, soggetto a cadenza regolare e ravvicinata a emergenze sismiche? A quanto pare, il Mef e buona parte del Pd ora vogliono sbarazzarsi del Superbonus nel giro del 2021 o al massimo del 2022, smentendo precedenti ipotesi di proroga al 2024 e oltre. E pensare che il ministro 5 stelle Stefano Patuanelli, in un’audizione parlamentare a novembre, aveva perfino auspicato un impegno dell’esecutivo per ampliare il più possibile i tempi di applicazione di un provvedimento che, aveva detto, ha il pregio di consentire a tutte le fasce di popolazione di mettere in sicurezza il patrimonio immobiliare, riducendo allo stesso tempo i consumi di energia e dando sostegno al settore edilizio. Il piatto piange, però: la coperta tirata a destra e a sinistra del Recovery fund non basta per tutto e allora si decide di cassare il Superbonus, destinato a evaporare nella nebbia di future e alquanto improbabili ed esigue proroghe.

 

Evapora così il senso stesso del provvedimento, ancora in attesa di dettagli attuativi, perché operazioni come quella del Superbonus hanno bisogno di orizzonti temporali larghi, altrimenti diventano virtuali, buone soltanto per qualche titolo di giornale. Devo premettere per correttezza che la cosa mi riguarda personalmente, perché ho perso una casa nel terremoto di Arquata del Tronto del 2016. Proprio per questa contingenza pro domo mea, so che, nel cratere del centro Italia, al Superbonus sono (o forse è meglio dire erano) affidate molte speranze di ricostruzione in sicurezza. Aspettative nutrite quasi sempre da persone di modeste risorse, che hanno visto crollare case ereditate da nonni e genitori o conquistate a prezzo di sacrifici (altro che Robin Hood al contrario…). Il contributo a chi ha perso prime e seconde case – queste ultime, va sottolineato, vitali per l’economia di quei luoghi – spesso non riuscirà a coprire del tutto le spese di ricostruzione. Molti progetti, anche per danni di media entità, hanno bisogno in varie parti del cratere di piani attuativi, i cui tempi – a causa degli anni persi fino all’arrivo provvidenziale del nuovo commissario straordinario, Giovanni Legnini – non sono compatibili con l’estensione del Superbonus al 2021 e nemmeno al 2022. Il risultato paradossale sarà l’impossibilità, proprio per chi ne ha più bisogno perché ha una casa in zone fortemente sismiche, di usare il Superbonus per il miglioramento antisismico e per una ricostruzione che si vorrebbe di alta qualità energetica. Nella patria dei paradossi, intervenendo in video alla cerimonia per il recupero della Torre civica di Norcia, il premier Giuseppe Conte ha detto che “nel 2021 il centro Italia dovrà diventare il più grande cantiere d’Europa”. Lo vogliamo tutti, credo, così come vogliamo che la ricostruzione sia indirizzata verso scelte di qualità, che il maltrattato Superbonus potrebbe certamente favorire, sempre che sia riconfermato e davvero prorogato. Altrimenti, diventerà l’ennesimo reperto nel museo delle occasioni perdute.

PUBBLICITÁ

 

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ