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Ne rimarrà solo uno

Eugenio Gaudio, Gino Strada e il Kalabristan

Michele Masneri

A fare il commissario a Catanzaro nessuno ci vuole andare. L'ex rettore della Sapienza rinuncia per problemi coniugali. Che farà il fondatore di Emergency?

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E insomma a Catanzaro nessuno ci vuole andare: non certo la moglie del prof. Gaudio, già magnifico rettore della Sapienza, ultimo in ordine di tempo a esser nominato Commissario alla sanità calabrese, in una specie di “Dieci piccoli calabresi” dove ne rimarrà solo uno (per fortuna i calabresi non mancano). Il professore ha addotto problemi coniugali (come faccio a portare mia moglie a Catanzaro). E la moglie forse davvero non vorrà andare laggiù, in quella rust belt, la pancia del Paese. La Calabria è la nostra Georgia, è swing state, e non serve il riconteggio dei voti. Arcaica e postmoderna, non ci sono i QAnon ma la Calabria al momento ha un governatore gay e però omofobo, che condanna “la lobby frocia” – caso unico al mondo, personaggio che forse neanche le nuove televisioni di Trump vorrebbero come commentatore (troppo estremo).

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E insomma a Catanzaro nessuno ci vuole andare: non certo la moglie del prof. Gaudio, già magnifico rettore della Sapienza, ultimo in ordine di tempo a esser nominato Commissario alla sanità calabrese, in una specie di “Dieci piccoli calabresi” dove ne rimarrà solo uno (per fortuna i calabresi non mancano). Il professore ha addotto problemi coniugali (come faccio a portare mia moglie a Catanzaro). E la moglie forse davvero non vorrà andare laggiù, in quella rust belt, la pancia del Paese. La Calabria è la nostra Georgia, è swing state, e non serve il riconteggio dei voti. Arcaica e postmoderna, non ci sono i QAnon ma la Calabria al momento ha un governatore gay e però omofobo, che condanna “la lobby frocia” – caso unico al mondo, personaggio che forse neanche le nuove televisioni di Trump vorrebbero come commentatore (troppo estremo).

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Tanta storia alle spalle, e Riace coi suoi bronzi e col suo sindaco, criminale anzi no eroe: tutto va velocissimo, più veloce che in Italia, in Calabria. Terra aspra ma generosa, accoglienza e indagini, tante indagini (perché in Calabria tutto prima o poi finisce sotto indagine. E del resto lo stesso generale Cotticelli, non calabrese ma uomo di mondo, il primo nella roulette russa calabra, quello che s’è dimesso per primo da commissario, quello che ha detto poi d’essere stato forse drogato, o forse d’essere stato sostituito da un sosia: “la prima cosa che ho fatto, appena nominato, sono andato dal procuratore di Catanzaro, Gratteri”: mi presento già inquisito, insomma). Per fortuna i calabresi son tanti, e non ci sarà problema in questo conteggio (alla fine, rimane poi la carta Arcuri, orgoglio di Reggio, che forse ha ancora del tempo libero).

 

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Però certo la scelta di Gino Strada, a suo agio tra i monti dell’Afghanistan, conferma le più terribili e razziste dicerie sulla Calabria: cioè il Kalabristan. E però anche, nei mille soprannomi di questa terra aspra ma generosa: Calabrifornia: “C’è una piccola Silicon Valley italiana nel perimetro tra Cosenza e Rende”, leggo in Rete. Come diceva Frank Lloyd Wright, se scuoti molto forte l’Italia, tutto ciò che non è attaccato bene scivola verso Catanzaro (lui lo diceva della California, sempre, ma vabbè). 

 

La Calabria è ovunque, altro che Texas e Ohio, bisognerebbe scriverci un libro di quelli sugli stati americani che vanno molto adesso. E una “elegia calabrese”, quando arriva? La Calabria siamo noi. Qualche anno fa rimasi molto stupito, nella mia prima e unica volta da inviato al festival di Sanremo, nel rendermi conto che c’era una specie di organizzazione parallela al festival, una costruzione anzi tensostruttura chiamata “Casa Calabria”, di fronte al teatro Ariston, dove si svolgevano incontri e spettacoli, una specie di Sanremo parallelo, che nessun’altra tra le regioni aveva. E se la Calabria è concentrato di italianità, è giusto che sia dunque ormai un posto lunare: oltre al governatore gay ma omofobo, le migliori spiagge e le più cruente colate di cemento. Tanta storia, arte a strafottere, i più estremi calabrofili sostengono che qui siano stati inventati sia l’italiano e sia la matematica.

 

Eppure c’è razzismo, anche, sì, è vero, verso questa terra; e non per buttarla nell’autobiografia, che pure fa sempre comodo, io ora confesso: io ho rischiato di nascere in Calabria. Eravamo in vacanza, mia madre era all’ottavo mese, e forse al sopraggiungere delle doglie, mio padre molto preoccupato la infilò sul primo volo Alitalia (forse preoccupato già allora per la sanità calabrese, o forse, ma non lo ammetterà mai, per non vedersi scritto sul documento: nato a Capo Vaticano. Nato in Calabria. Mio figlio: calabrese). Che posto, poi, Capo Vaticano: acque cristalline, e il compound scelto dal sommo Giuseppe Berto, in fuga da Roma e dal male di vivere, che costruì con le sue mani tante casette in un fantastico parco sugli scogli, ancora oggi in mano agli eredi: e però fuori, oltre all’eponimo e identitario Amaro del Capo, che pur in tempi di crisi si espande, comprandosi anche i rivali dello Petrus Boonekamp, l’amarissimo che fa benissimo (perché la Calabria è anticiclica), ecco un parco a tema dell’abuso edilizio, il non finito calabrese, e Lamezia Terme, l’aeroporto che sembra Pyongyang. Che poi: tanto sforzo per non nascere a Capo Vaticano, e nasci a Brescia: come dire, non proprio Boston. Come quelli che pagando molto vanno a partorire al San Raffaele a Milano, e poi finiscono nell’ala sbagliata, che data l’estensione sta in comune di Segrate. E poi risulteranno lì nati, sui documenti, per sempre.

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