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contro mastro ciliegia

Gianni Mion e l'ignavia di Don Abbondio

Maurizio Crippa

L'attualità di Alessandro Manzoni di fronte alle responsabilità dell'ex amministratore delegato di Edizione, la holding finanziaria della famiglia Benetton, nel crollo del Ponte Morandi

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Oggi Sergio Mattarella era al Monumentale di Milano, in visita alla tomba di Alessandro Manzoni nel 150esimo della sua morte. Ha pronunciato un discorso sobrio e civile, manzoniano, in cui ha ricordato l’orizzonte morale in cui Don Lisander seppe collocare gli uomini del suo tempo e di questa nostra Italia che stava nascendo. Ha ricordato anche la “Colonna infame”, che “ci ammonisce di quanto siano perniciosi gli umori delle folle anonime”. Ma oggi, a Genova, altre parole avrebbero avuto bisogno di giudizi forti e imparziali come quelli di Manzoni. Al processo per il Ponte Morandi ha deposto l’ex ad della Holding Edizione, Gianni Mion. E ha confessato di aver saputo nel 2010, in una riunione di vertice, che esisteva un rischio crollo. Ma non si fece niente. “Non dissi nulla e mi preoccupai. Era semplice: o si chiudeva o te lo certificava un esterno. Dopo quella riunione avrei dovuto fare casino, ma non l’ho fatto. Forse perché tenevo al mio posto di lavoro. Non ho fatto nulla, ed è il mio grande rammarico”. Non è il Manzoni della Colonna Infame che servirebbe a Genova, né quello di Fra’ Cristoforo. Ma quello durissimo del Cardinal Federigo quando inchioda alle sue responsabilità e alla sua ignavia Don Abbondio: il male di non fare. E lo sventurato non rispose.

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