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contro mastro ciliegia

La memoria, il più grande antivirus di madre natura contro i pessimisti

Maurizio Crippa

Così corpo e mente hanno imparato a combattere. Eppure sentirete l’assurda litania degli smemorati: non è cambiato niente. Sbagliato

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Ci sono corpi che portano scritte sulla pelle le proprie memorie, come cicatrici su un tronco d’albero indurito: ragnatele di storie, il volto di Clint Eastwood in “Cry Macho”. Certe malattie lasciano segni visibili, certe pandemie ne lasciano soprattutto dentro, nascosti, anche a chi non si è (ancora?) ammalato. Non c’è vita senza memoria. Fosse pure quella involontaria, automatica, scritta nei nostri organi e tessuti come nel navigatore dell’auto. Si tirano le somme di un anno che sta passando, le tacche da segnare. Ci sono stati anni che sono volati più via, non ce li si ricorda quasi, ma non questi, non il Natale del 2020. Il primo rinchiusi e lontani. Non gli ultimi due: era l’inizio del 2020, già rimbalzavano dalla Cina le notizie di un virus feroce ma strano, come se non potesse arrivare, far male. La memoria, assieme ai vaccini, assieme alle buone abitudini imparate, è la cosa più preziosa che ci sia. Personale e collettiva, ora che ci guardiamo e diciamo: eh, già due anni di pandemia. La memoria è una forza della natura, è la forza interiore dove anche gli spaventi diventano risorse. E’ il tracciamento che ci può salvare.

  
Eppure sentirete l’assurda litania degli smemorati: non è cambiato niente, due anni quasi e ancora siamo messi così. Quelli che allora sui vaccini ci hanno ingannati, non servono, con Omicron moriremo come prima. Disperazioni frutto di cattiva memoria. Contro la disperazione, è meglio provare a ridere. Si scherza su Omicron che è il vero “Squid Game” di Natale. Schivare la biglia, salvare la pelle. Biglie invisibili come droplet, possono essere ovunque, chiunque. Gira un video tratto da “1914”, il campo di battaglia è arrivare sani a Natale. 

  
Sbagliano quelli che piangono. Non per ottimismo ma perché non fanno i conti secondo natura. La memoria è quel semplice meccanismo fisico per cui abbiamo imparato a non mettere la mano nel fuoco, brucia; grazie a cui le nostre cellule hanno imparato a reagire alle malattie, a generare anticorpi. E se non da sole (si chiama guarigione) perché gli anticorpi ce li ha portati un vaccino m-Rna. Prima non c’era, oggi il nostro organismo si ricorda come fare. La memoria sono i corpi che prendono nota delle cose che ci fanno bene, è la scienza che ne sa un po’ più di prima. La memoria è sociale, condivisa. “Nel marzo 2020 non eravamo pronti, ma ora lo siamo”, ha detto Joe Biden. Chiaro e semplice.

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Non avevamo i vaccini né i respiratori e in molti casi i letti. Ora sì. Abbiamo imparato in automatico a lavarci le mani, ci ricordiamo di tenere la mascherina, senza protezione nei posti chiusi abbiamo memorizzato che è meglio non entrare. C’è pure chi dice che non è vera memoria, che ci hanno inoculato una “infodemia”, siamo costretti a ricordare quel che vorremmo non sapere. Certo, molti ricordi li vorremmo cancellare, come spianare le rughe. Fa male la memoria delle bare di Bergamo, delle sirene che fischiavano. Ma fanno parte di noi, ricordarle ci ha resi più forti. Non è come prima, no. Prima eravamo in una stanza buia. Ora all’anno di Omicron che arriva sappiamo come sbarrare la porta. 
 

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