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Uatsape e Fecibuche

Maurizio Crippa

Gli elettori di Bolsonaro pensano di combattere le élite con Whatsapp e Facebook. Il problema non sono loro, ma la democrazia diretta

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Sempre caro m’è stato il Brasile, fosse anche solo per il futebol bailado e Chico Buarque del Hollanda, che non mi permetterei mai di criticare. E come potrei non voler bene alla lingua cantilenante di un popolo in cui uno che doveva chiamarsi banalmente Michael all’anagrafe è diventato Maicon? Però qualcosa è successo, deve essere successo, a quel popolo festoso e melanconico. Non tanto, dico, perché a migliaia di migliaia sono corsi a inneggiare a Bolsonaro, la nuova guida suprema democraticamente eletta, come manco facevano con Lula.

 

Ma perché una bella parte dei suoi elettori – quelli più pop, concediamo: ma non è forse questo il segreto del populismo? – hanno approfittato della festa di piazza per spiegare al Capo chi sono i veri nemici da abbattere: i grandi giornali, le televisioni. Insomma i servi delle élite che criticavano (ma neanche tanto) Bolsonaro e la sua constituency. E per farlo inneggiavano, come assatanati della macumba, ai veri media della democrazia diretta: “Uatsape” e “Fecibuche”. Sì insomma, Whatsapp e Facebook, pronunciati alla Maicon. Non ho nemmeno la pretesa da entomologo (e il filo di razzismo) di Moravia, quando guardava i borgatari di Roma e scriveva Non sanno parlare. Ma in quelle urla belluine in cui “Uatsape” e “Fecibuche” diventano le armi di distruzione di massa e di vendetta contro le élite da consegnare al presidente giustiziere c’è qualcosa di un po’ orrendo, di spaventevole. Ma in fondo non sono loro, i brasiliani: a far spavento è la democrazia diretta.

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