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Più Radio Radicale

Maurizio Crippa

Il Mise dimezza i contributi all'emittente radiofonica per la trasmissione delle sedute del Parlamento. Promemoria: in un Stato civile e di diritto la conoscenza e il dibattito pubblico sono essenziali 

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I guastatori da tastiera saranno già in agguato fin dal titolo (ma di solito lì si fermano) e con loro i turlupinatori del dibattito pubblico che – per inverecondo principio – sospettano questioni di quattrini ogni qualvolta il dito indica invece la luna. Pertanto avvertiamo subito (ma sarà vano) che quel che segue non ha nulla a che vedere con i pochi, residuali o destinati all’estinzione che siano fondi pubblici per l’editoria che il qui presente piccolo giornale, ed altri come noi, riceve in base a lecite disposizioni dello Stato. Non sappiamo se, come afferma la Fnsi, la decisione della commissione Bilancio della Camera di prorogare di un anno la convenzione tra Mise e Radio Radicale per la trasmissione delle sedute del Parlamento, ma con il dimezzamento da 10 a 5 milioni del contributo, “ne provocherà la chiusura”. Speriamo di no, non siamo di quelli che la stampa deve morire.

   

Riaffermiamo soltanto, come abbiamo sempre fatto, che il bene della libera informazione è un pilastro e che lo è da sempre il lavoro – persino di supplenza – che Radio Radicale svolge trasmettendo le sedute e i lavori del Parlamento (come democrazia richiede) e anche le udienze dei processi, i convegni sulla giustizia e l’informazione sulle carceri. Ovvero tutto quel valore di conoscenza e dibattito pubblico che è essenziale in un Stato civile e di diritto e che, fosse per la politica di ieri e di oggi, non esisterebbe. Dei soldi non sappiamo valutare. Del fatto che servirebbe più Radio Radicale, siamo sicuri.

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