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L’incongruità della parola “paura” detta da Vasco

Maurizio Crippa

Declinato così, alla gigantesca festa sull’aia di una grande pacificata rockstar, è il messaggio più banale che si potesse ascoltare

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Il mega addione galattico a Paolo Villaggio ha avuto di buono questo effetto collaterale, perché c’è sempre vivaddio un effetto collaterale buono: che ha chiuso anzitempo i commenti sul Grande Evento Liturgico dell’Italia 2017, il concertone dei 220 mila a Modena di Vasco Rossi. Commenti che sarebbero andati avanti ancora un po’, in mancanza di nuove hard news del settore pop, ne siamo certi. Esattamente come ancora sui sagrati delle chiese di pianura, chi ci va, le vecchiette tirano l’ora di preparare il pranzo la domenica spettegolando delle lungaggini del prete. L’evento liturgico ha le sue scie chimiche, si sa. Bel concerto, per carità, e tutto bene, soprattutto per loro che non si sono dovuti sorbire Bonolis. Ma una cosa come un prurito da grattare è rimasta adosso. È la congruità della parola “paura”. “Il nemico è la paura, noi non abbiamo paura” scandiva lui, un po’ alla reverendo Moon, e una banalità così non ci ricordiamo di averla sentita dire al Boss mai, che pure di liturgie di se stesso è sommo cerimoniere. E i giornali a titolare: Vasco contro la paura. E nelle interviste del dopo partita, ai tg, decine di ragazzi o che erano stati ragazzi a dire “Non abbiamo paura, non cambieranno il nostro modo di vita”. Ma paura di che? Paura per cosa? O pensavano che Modena fosse Manchester? O pensavano che qualcuno davvero volesse cambiare il loro stile di vita? La paura, chi non ce l'ha non se la può dare, ma è un bel concetto, sociologicamente parlando. Ma declinata così, alla gigantesca festa sull’aia di una grande pacificata rockstar che piace alle nonne e ai nipotini, è il messaggio più banale che si potesse ascoltare. Sembrava di stare ai Santi Apostoli.

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