Del film che ha più candidature ai prossimi Oscar – il prossimo 12 marzo – nessuno saprebbe raccontare la trama. Fatta eccezione, forse, per i registi Dan Kwan e Daniel Scheinert e qualche nerd che ha preso appunti durante la fantasmagorica avventura. Nel metaverso, si direbbe. “Everything Everywhere All at Once” comincia da una lavandaia cinese, prosegue all’ufficio delle tasse dove Jamie Lee Curtis imbruttita contesta le cifre. La cinese obbedisce a un comando che dice “scambia i piedi nelle scarpe”, e precipita in una serie di universi alternativi. Hollywood (vabbè). Un pianeta dove le dita sono salsicce. Un pianeta deserto, la cinese e il marito sono sassi che parlano con i sottotitoli. Undici candidature, per un giocattolo che ricatta fingendosi all’avanguardia. Nove candidature sono andate a un film Netflix di produzione tedesca (c’è Daniel Brühl, il regista ha “Deutschland 83” in curriculum). Tratto dal romanzo di Eric Maria Remarque: la sporca grande guerra, vista dai giovani tedeschi partiti per il fronte con slancio patriottico.
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