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conviene prendere quel che c’è, quando c’è

Netflix fa man bassa di nomination ai Golden Globe nella sezione cinema

Mariarosa Mancuso

Prendono quota le candidature femminili, fari puntati anche su "Mank" e il sequel di "Borat". Ma il trionfo annunciato è per la piattaforma streaming

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Tre registe candidate, gli 89 giornalisti della stampa estera a Los Angeles sanno come posizionarsi all’avanguardia. Non solo nel calendario della prima stagione di statuette post Covid, quella che ha dimostrato l’irrilevanza della sale. La maggior parte dei film candidati o li abbiamo visti in streaming, o ancora devono uscire (speriamo presto, che le crisi d’astinenza già si avvertono, piuttosto acute, e i titoli sono molto interessanti). Si potrebbe far presente che la retromarcia dei film diretti da maschi – in genere con budget più sostanziosi, che poi devono rientrare al botteghino – un pochino aiuta. Ma conviene prendere quel che c’è, quando c’è. Le meritevoli sono Regina King per “Una notte a Miami” (già su Amazon Prime), Emerald Fennell per “Promising Young Woman”, Chloé Zhao per “Nomadland” (già Leone d’oro alla Mostra di Venezia). Due su tre – Emerald Fennel e Chloé Zhao, da un reportage di Jessica Bruder uscito in Italia da Clichy - hanno scritto il loro film. Regina King, che finora conoscevamo come attrice da Oscar (“Se la strada potesse parlare” di Barry Jenkins), ha portato sullo schermo il testo teatrale di Kemp Powers – l’uomo che ha aiutato Pete Docter con il personaggi neri di “Soul”.

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Tre registe candidate, gli 89 giornalisti della stampa estera a Los Angeles sanno come posizionarsi all’avanguardia. Non solo nel calendario della prima stagione di statuette post Covid, quella che ha dimostrato l’irrilevanza della sale. La maggior parte dei film candidati o li abbiamo visti in streaming, o ancora devono uscire (speriamo presto, che le crisi d’astinenza già si avvertono, piuttosto acute, e i titoli sono molto interessanti). Si potrebbe far presente che la retromarcia dei film diretti da maschi – in genere con budget più sostanziosi, che poi devono rientrare al botteghino – un pochino aiuta. Ma conviene prendere quel che c’è, quando c’è. Le meritevoli sono Regina King per “Una notte a Miami” (già su Amazon Prime), Emerald Fennell per “Promising Young Woman”, Chloé Zhao per “Nomadland” (già Leone d’oro alla Mostra di Venezia). Due su tre – Emerald Fennel e Chloé Zhao, da un reportage di Jessica Bruder uscito in Italia da Clichy - hanno scritto il loro film. Regina King, che finora conoscevamo come attrice da Oscar (“Se la strada potesse parlare” di Barry Jenkins), ha portato sullo schermo il testo teatrale di Kemp Powers – l’uomo che ha aiutato Pete Docter con il personaggi neri di “Soul”.

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Tre film dei nostri tempi, sempre con spiegazioni non strettamente necessarie. Le registe (ma vale anche per certi registi) sanno di avere una missione da compiere e si capisce che ripongono scarsa fiducia nello spettatore: quindi sottolineano e ripetono, come a scuola. A volte capita di distrarsi, nella ridondanza, e par di sentire il richiamo dell’insegnante: “Mancuso, laggiù in fondo… cosa stavo dicendo?” (le solite disgrazie, verrebbe da rispondere: donne stuprate, poveri che vivono in roulotte, neri che lottano per i diritti civili – e all’occasione entrano a far parte della Nation of Islam). Gli altri due registi candidati sono David Fincher per “Mank” (su una sceneggiatura ereditata dal padre Jack, classe 1930, il che spiega la filologia con cui vengono ricostruite certe cene nel castello californiano di William Randolph Hearst) e Aaron Sorkin per “Il processo ai Chicago 7” (su sceneggiatura del medesimo, e chi altri?). “The Father” con Anthony Hopkins malato di Alzheimer (la figlia è Olivia Colman) completa la cinquina dei film drammatici. Tra i candidati comici o musicali (i Golden Globe distinguono le due categorie) c’è “Borat-Seguito di film cinema” diretto da Jason Voliner con Sacha Baron Cohen. Maria Bakalova– la figlia di Borat che intervista Rudolph Giuliani quando ancora Donald Trump gli pagava le parcelle – ha una candidatura come attrice comica. Netflix trionfa, con 20 candidature per la sezione cinema (le serie tv, ne parleremo domani, portano il totale a 42). Tra le attrici drammatiche, favoritissima Vanessa Kirby in “Pieces of a Woman” di Kornél Mundruczó (già premiata alla Mostra di Venezia e già su Netflix). Dovrà vedersela con Carey Mulligan, che in “Promising Young Woman” si mette un chilo di rossetto, adesca gli stupratori e li punisce.

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(1-continua)

 

 

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