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Il Leone d’oro a “Nomadland” è ineccepibile. A Venezia 77 però i rivali erano pochi

Mariarosa Mancuso

La Mostra di Venezia era diventata “la piattaforma di lancio per gli Oscar”. Premiando un film americano, la serie fortunata non si arresta, Il film di Chloé Zhao è già benissimo piazzato per i prossimi

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Pieno di cose buone e giuste, come purtroppo usa adesso, “Nomadland” è arrivato alla Mostra di Venezia da vincitore annunciato, e ha avuto il Leone d’oro. Una regista donna, Chloé Zhao: nata a Pechino, studi a Londra e a New York. La prima attrice Frances McDormand, incantevole anche quando manovra lo specchietto retrovisore (nei nostri cuori da quando in “Fargo” – il film dei Coen, non la serie – era la poliziotta incinta). Gli americani che abitano nei camper, parcheggiandoli qua e là al ritmo dei lavori stagionali: perché sono poveri, e perché – suggerisce il film – sono gli eredi dei pionieri con i carri. Pure l’etichetta, del tutto fuori luogo, di film indipendente. Frances McDormand e Chloé Zhao hanno ringraziato con un videomessaggio, una sbucando dal camper usato per il film, l’altra appollaiata su una seggiolina da campeggio. Entrambe con le birkenstock, altro che tacchi. Disney Italia distribuirà il film e ha ritirato la statuetta. Tra i possedimenti della ditta ora si conta Fox Searchlight: la divisione Fox che si occupava dei progetti a basso costo. I vagabondi sono veri, gli stessi che Jessica Bruder ha incontrato e raccontato nel suo reportage “Nomadland”, che viaggia con il motto: “L’unico spazio di libertà negli Stati Uniti è un parcheggio” (in italiano esce da Clichy).

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Pieno di cose buone e giuste, come purtroppo usa adesso, “Nomadland” è arrivato alla Mostra di Venezia da vincitore annunciato, e ha avuto il Leone d’oro. Una regista donna, Chloé Zhao: nata a Pechino, studi a Londra e a New York. La prima attrice Frances McDormand, incantevole anche quando manovra lo specchietto retrovisore (nei nostri cuori da quando in “Fargo” – il film dei Coen, non la serie – era la poliziotta incinta). Gli americani che abitano nei camper, parcheggiandoli qua e là al ritmo dei lavori stagionali: perché sono poveri, e perché – suggerisce il film – sono gli eredi dei pionieri con i carri. Pure l’etichetta, del tutto fuori luogo, di film indipendente. Frances McDormand e Chloé Zhao hanno ringraziato con un videomessaggio, una sbucando dal camper usato per il film, l’altra appollaiata su una seggiolina da campeggio. Entrambe con le birkenstock, altro che tacchi. Disney Italia distribuirà il film e ha ritirato la statuetta. Tra i possedimenti della ditta ora si conta Fox Searchlight: la divisione Fox che si occupava dei progetti a basso costo. I vagabondi sono veri, gli stessi che Jessica Bruder ha incontrato e raccontato nel suo reportage “Nomadland”, che viaggia con il motto: “L’unico spazio di libertà negli Stati Uniti è un parcheggio” (in italiano esce da Clichy).

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Ultimo dettaglio, decisivo. La Mostra di Venezia era diventata “la piattaforma di lancio per gli Oscar”. Premiando un film americano, la serie fortunata non si arresta, “Nomadland” è già benissimo piazzato anche per i prossimi Oscar. Unico difetto: i vagabondi nei camper sono quasi tutti bianchi, una ragazza nera appare per pochissimo. Innumerevoli sono le albe, perfino più innumerevoli sono i tramonti, il deserto è sempre tanto fotogenico e la musica di Ludovico Einaudi contribuisce all’atmosfera. Temevamo la denuncia sociale, è arrivata la più temibile poesia. Leone d’oro impeccabile, in termini di politica festivaliera. Consegnato a un cinema che non prende a pugni lo spettatore: i barboni nei camper piacciono alla critica e al pubblico, che possono mostrarsi solidali con i penultimi della terra (c’è però chi azzarda che la presidente della giuria Cate Blanchett abbia macchiato con il suo verdetto la nobile Mostra d’Arte Cinematografica). Non c’era però in concorso una grande concorrenza.

 

Il migliore tra gli italiani era Miss Marx” di Susanna Nicchiarelli, sarebbe stato bene in apertura. Spaesato in una competizione internazionale era “Padrenostro” di Claudio Noce, che ha fruttato la Coppa Volpi a Pierfrancesco Favino – fintamente sorpreso, ma altri maschi quasi non ce n’erano. Coppa Volpi per la migliore attrice a Vanessa Kirby, per “Pieces of a Woman”, primo film girato in inglese dell’ungherese Kornél Mundruczó. Rossetto scarlatto sotto la mascherina, discorso di ringraziamento lunghissimo e gravido di retorica (in bella gara con la poetessa Mariangela Gualtieri, che ha declamato il suo “Ci dovevamo fermare”: chissà che c’entra la decrescita felice con la Mostra della ripartenza).

 

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Politico, ma in un altro senso, il Leone d’argento al messicano Michel Franco per “Nuevo Orden”: altri poveri, molto più arrabbiati, e un massacro alla festa di nozze. Nella sezione “Orizzonti” c’era il magnifico “Nowhere Special” di Uberto Pasolini. La presidente della giuria Claire Denis non ha notato il film, né i due attori (uno ha quattro anni), né la sceneggiatura. Si è accorta invece de “I predatori”, la grande scoperta di Venezia 2020 (nella sale a ottobre). Pietro Castellitto – anche regista, “figlio di” ma più bravo dei genitori messi insieme – ha ritirato il premio per la sceneggiatura con il cinismo dei suoi personaggi: “Solo gli infami e i traditori sono bravi nei ringraziamenti”.

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