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camillo e corrado nell'italia del vino

Arvisionadu a Benetutti, Eos a Chiomonte. E poi il lambrusco, quello vero

Camillo Langone e Corrado Beldì

Prosegue il viaggio a caccia di vini rari (e la battaglia contro i bevitori di rossi a temperatura ambiente)

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Corrado, sempre in Sardegna? Ci rimani molto? Io sto scavando nei miei appunti letterari e mi entusiasmo non con i grandi viaggiatori in Sardegna ma con i grandi non-viaggiatori in Sardegna, come Gianni Boncompagni nel cui biglietto da visita c’era scritto NON E’ MAI STATO IN SARDEGNA. Almeno prova a scovare qualche vitigno minore, altrimenti Cannonau sempre Cannonau…

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Corrado, sempre in Sardegna? Ci rimani molto? Io sto scavando nei miei appunti letterari e mi entusiasmo non con i grandi viaggiatori in Sardegna ma con i grandi non-viaggiatori in Sardegna, come Gianni Boncompagni nel cui biglietto da visita c’era scritto NON E’ MAI STATO IN SARDEGNA. Almeno prova a scovare qualche vitigno minore, altrimenti Cannonau sempre Cannonau…

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Camillo, ho seguito il tuo consiglio. Oggi a Benetutti mi hanno detto di un raro vitigno di cui si coltivano soltanto venti ettari e poiché non l’avevo mai sentito mi sono subito fiondato alla cantina. Il signor Pino Mulas ha stappato per me una bottiglia di questo bianco cristallino e si è messo a raccontarne la storia. Il vitigno si chiama Arvisionadu, da Albu Signatu, ai tempi dei romani c’era una vigna sulle sponde del Tirso e c’erano pure le terme, infatti la zona si chiama Goceano, come goccia o sorgente d’acqua. Da una vite antichissima fanno un vino giovanissimo, un goccio mi è bastato per sentire un gran senso di benessere che ho subito trovato negli occhi degli altri e di tutti quelli che ho incontrato per strada e allora ho capito perché quel paese l’han chiamato Benetutti.

 

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Sentito nominare, questo Arvisionadu, e però mai bevuto e mai nemmeno visto, né su uno scaffale né in una carta dei vini. Ciò significa che viaggiare può avere ancora un qualche senso, a volte. Io però ho trovato un vino altrettanto raro a 400 metri da casa mia, da “Tra l’uss e l’asa”. E’ un vino della tua regione, il Piemonte. Il vitigno si chiama Avanà, nome che sembra uscito da una canzone di Paolo Conte. Il vino si chiama Eos, il produttore La Chimera, il luogo Chiomonte, in Valsusa. L’etichetta è abbastanza inguardabile ma il vino è straordinariamente bevibile: sarà che è rosa, sarà che è frizzante, sarà che è rifermentato in bottiglia, ma oggi è il mio vino piemontese preferito, non lo cambierei con nessun Barolo.

 

Camillo, ho letto i tuoi entusiasmi piemontesi a Monti, proprio mentre passeggiavo all’incrocio tra via Vittorio Emanuele e piazza Regina Margherita. Sono così repubblicano che ancora mi dispero quando non trovo la foglia d’edera sulla scheda elettorale ma tutta questa toponomastica sabauda mi ha fatto venire una grande nostalgia della mia amata Oleggio dove nel 1891 è stata fondata la prima cantina sociale d’Italia. Forse non ti ho mai detto che a Oleggio di recente hanno scoperto un vitigno autoctono, rarissimo e non più vinificato. Non vedo l’ora di invitarti un giorno nella piazza che conosci bene per assaggiarne insieme la sua prima annata.

 

La Regina Margherita, il Partito Repubblicano… Ma di che anno sei? Mi sembri coetaneo di Giuseppe Mazzini. Io invece sono sempre più giovane e mi oppongo alla senilità innanzitutto mentale. Combatto quotidianamente contro i denigratori del Lambrusco, gente che vive ancora negli anni Ottanta, al tempo del lambrusco industriale in lattina e del lambrusco contadino puzzolente, e che rifiuta di aggiornarsi continuando a ignorare il Lambrusco del Fondatore, il Vecchia Modena, il Radice, il Ferrando, il Salici, il Camillo Donati… E contro i bevitori di vino rosso a temperatura ambiente che avranno centoventi anni siccome, scandalizzandosi per il mio Barbaresco Gaja in frigo, dimostrano di essere fermi agli anni Quaranta, quando in Italia i frigoriferi non erano ancora arrivati.

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