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È vero che l'Unione europea vuole proibire il kebab?

Enrico Cicchetti

In attesa del voto dell'Europarlamento, il “kebab ban” ha già innescato un cortocircuito informativo gigantesco

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La serie tv “Kebab for breakfast” l’ha incoronato icona del cibo multietnico raccontando le avventure di una famiglia mista, turco-tedesca. E molti se lo sono mangiato davvero a colazione, dopo lunghe serate di bagordi. È il junkfood per eccellenza, succulento e in grado di saziare le fami più voraci. Ma ora l’Unione europea si è accorta che il döner kebab, una piramide di fette di carne arrostita, tipica della cucina turca e iraniana e diffusissima in tutta Europa, potrebbe causare problemi di salute. La commissione Salute del Parlamento ha bocciato una proposta della Commissione europea che chiedeva il ritiro degli additivi a base di fosfati nel trattamento della carne del kebab. Secondo uno studio scientifico del 2012 pubblicato sulla rivista medica tedesca Deutsches Arzteblatt International, esiste un potenziale collegamento tra gli additivi fosfatici presenti negli alimenti (acido fosforico, di e tri fosfati e polifosfati E 338-452) e un aumento dei rischi cardiovascolari. La valutazione della commissione parlamentare, che si basa proprio su questo studio, è molto contestata. Anche perché ce n'è un altro, condotto dall'Agenzia europea per la sicurezza alimentare (l’Efsa, che ha sede a Parma) nel 2013, che ha invalidato i risultati citati dalla rivista tedesca. E ora l'Efsa ha annunciato che rivaluterà la sicurezza degli additivi alimentari ai fosfati entro il 31 dicembre 2018.

  

L'attenzione internazionale nel settore degli additivi non è una novità e non riguarda solo l'Europa. Un altro studio, sempre del 2013, afferma che esiste un legame tra le diete ad alto contenuto di fosforo e l’aumento della mortalità nella popolazione degli Stati Uniti. In generale le norme europee non consentono l'uso di additivi ai fosfati nelle carni, ma a causa di un accumulo di eccezioni (in alcuni stati il kebab è considerato un “prodotto a base di carne”, non carne tout court e quindi è fuori dal campo di applicazione del regolamento) sono sempre più utilizzati, per proteggerne il sapore e trattenere l'acqua. Nel kebab, i fosfati servono a mantenere la consistenza succulenta della carne, nonostante le molte ore passate ad arrostire sullo spiedo.

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La decisione finale la prenderà domani in plenaria il Parlamento europeo, che potrebbe così porre il veto sulla proposta della Commissione.

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La notizia della morte del kebab è ampiamente esagerata

L'Ufficio europeo delle unioni dei consumatori (Beuc) ha cercato di attenuare le polemiche. “Nessuno vuole vietare i kebab”, hanno detto i rappresentanti dei consumatori, che non vedono "nessuna necessità tecnologica convincente" per giustificare l'aggiunta di fosfato alla carne. Ma quando i siti di news e i quotidiani hanno iniziato a trattare la storia del potenziale divieto ai sontuosi spiedi mediorientali c’è stato grande subbuglio soprattutto in Germania, primo paese europeo per consumo di kebab. La paternità dell'invenzione del döner così come lo conosciamo oggi è contesa da tre immigrati turchi in terra tedesca che l’avrebbero introdotto negli anni Settanta. Oggi in Germania il kebab è lo street food più popolare, con quasi l’80 per cento del consumo di tutta Europa e quasi 16mila ristoranti (dice il quotidiano Frankfurter Rundschau) che ne servono quasi 3 milioni al giorno. Secondo Renate Sommere, europarlamentare della Cdu, il partito di Angela Merkel, un eventuale divieto “porterebbe alla perdita di migliaia di posti di lavoro”, mentre per Kenan Koyuncu, dell’associazione tedesca di produttori di kebab, si “firmerebbe la condanna a morte dell’intera industria del döner nell’Unione”. Il quotidiano inglese Guardian ha rilanciato: “Ci sono 200.000 posti di lavoro direttamente collegati all'industria del kebab in Europa”, senza citare la fonte di questa affermazione.

   

Nonostante l'Ue non intenda realmente bandire il kebab dai mercati ma solo assicurarsi che il fosfato non venga usato tra gli additivi, la vicenda è stata presentata dai giornali europei con toni molto allarmisti e da giorni si rincorrono molte notizie false sul presunto "kebab ban". Anche il sito russo Sputnik, noto per la diffusione di fake news, è stato veloce nel riprendere la notizia e diffonderla ad ampio raggio. In Bulgaria, dove il governo si prepara ad assumere la sua prima presidenza del Consiglio europeo da quando è entrato nel blocco dieci anni fa, il “kebab ban” ha generato un enorme flusso di notizie false, che hanno coinvolto anche la Rakia, un liquore largamente consumato nei Balcani. “L'Ue sta preparando una tagliola per i bulgari: proibire la Rakia e la zuppa di trippe", ha titolato il tabloid online Blitz. Del resto, una ricerca su Google dei "divieti UE" in bulgaro offre una lunga lista (ovviamente falsa): dal battesimo, ai pomodori cuore di bue, dai televisori al plasma alle vecchie stufe. A gennaio, la task force di East Stratcom, l'unità ufficiale europea contro le campagne di disinformazione del Cremlino, ha riportato nella banca dati dei casi di disinformazione un articolo pubblicato dal sito del Bulgarian Times, che affermava che l'Unione avrebbe proibito di fabbricare pupazzi di neve perché sono bianchi, e quindi razzisti. Così, in attesa del voto dell'Europarlamento, il (presunto) “kebab ban” ha già innescato un cortocircuito informativo gigantesco.

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