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Così Theodore McCarrick ingannò Giovanni Paolo II

Pubblicato il lunghissimo rapporto che fa luce sulle condotte dell'ex cardinale dimesso dallo stato clericale da Papa Francesco

Matteo Matzuzzi

Parole, opere, omissioni: nel documento di 447 pagine c'è di tutto. Un copione che sarebbe perfetto per una serie su Netflix. Ascesa e caduta di un potentissimo cardinale

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Roma. Ventinove capitoli più le conclusioni per 447 pagine: ecco il “Rapporto sulla conoscenza istituzionale e il processo decisionale della Santa Sede riguardante l’ex cardinale Theodore Edgar McCarrick”, dimesso dallo stato clericale per ordine di Papa Francesco nel 2019. McCarrick, potentissimo ex arcivescovo di Washington, era stato dichiarato colpevole di “sollecitazione in confessione, violazioni del Sesto comandamento del Decalogo con minori e adulti, con l’aggravante dell’abuso di potere”. Due anni di lavoro da quando, era il 6 ottobre del 2018, il Pontefice aveva dato mandato di svolgere un’indagine sui documenti conservati negli archivi vaticani su quanto si sapeva circa la doppia vita del cardinale. Il tutto è stato poi corredato da “più di novanta interviste e documenti ottenuti da circoscrizioni ecclesiastiche, enti e persone, con il fine di raggiungere la più accurata e completa conoscenza dei fatti”, ha scritto nella Premessa al rapporto il cardinale segretario di stato, Pietro Parolin. Decenni passati al setaccio, due promozioni mancate (Chicago e New York), coperture, dubbi e sanzioni. Un Rapporto che rappresenterebbe un copione perfetto per una serie su Netflix in cui si mischia di tutto, abusi, punizioni, chiacchiericcio, menzogna, depistaggi. La fama di cui godeva McCarrick era ottima, più volte i vescovi interpellati – in America e in Vaticano – ne elogiavano lo zelo pastorale e soprattutto la capacità di ottenere fondi. I sospetti sulle allegre condotte del presule erano antichi, se ne parlava eccome ma mancavano le prove. 

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Roma. Ventinove capitoli più le conclusioni per 447 pagine: ecco il “Rapporto sulla conoscenza istituzionale e il processo decisionale della Santa Sede riguardante l’ex cardinale Theodore Edgar McCarrick”, dimesso dallo stato clericale per ordine di Papa Francesco nel 2019. McCarrick, potentissimo ex arcivescovo di Washington, era stato dichiarato colpevole di “sollecitazione in confessione, violazioni del Sesto comandamento del Decalogo con minori e adulti, con l’aggravante dell’abuso di potere”. Due anni di lavoro da quando, era il 6 ottobre del 2018, il Pontefice aveva dato mandato di svolgere un’indagine sui documenti conservati negli archivi vaticani su quanto si sapeva circa la doppia vita del cardinale. Il tutto è stato poi corredato da “più di novanta interviste e documenti ottenuti da circoscrizioni ecclesiastiche, enti e persone, con il fine di raggiungere la più accurata e completa conoscenza dei fatti”, ha scritto nella Premessa al rapporto il cardinale segretario di stato, Pietro Parolin. Decenni passati al setaccio, due promozioni mancate (Chicago e New York), coperture, dubbi e sanzioni. Un Rapporto che rappresenterebbe un copione perfetto per una serie su Netflix in cui si mischia di tutto, abusi, punizioni, chiacchiericcio, menzogna, depistaggi. La fama di cui godeva McCarrick era ottima, più volte i vescovi interpellati – in America e in Vaticano – ne elogiavano lo zelo pastorale e soprattutto la capacità di ottenere fondi. I sospetti sulle allegre condotte del presule erano antichi, se ne parlava eccome ma mancavano le prove. 

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Il cardinale arcivescovo di New York, John J. O’Connor, fu il più determinato nello sconsigliare la Santa Sede di promuovere McCarrick a sedi importanti e cardinalizie, menzionando nelle sue missive spedite in Vaticano quanto si diceva circa le debolezze dell’allora arcivescovo di Newark. Fu il nunzio Cacciavillan a proporre per McCarrick la sede di Washington, derubricando a pareri personali le note di O’Connor. Giovanni Paolo II, da quanto emerge, ci pensò parecchio: in ottimi rapporti con McCarrick, inizialmente diede parere favorevole, poi cambiò idea. Scrisse il cardinale Re in un appunto del 2000 inviato al Papa: “Non sarebbe  saggio promuovere mons. McCarrick a una sede più importante dell’attuale, perché le accuse contro di lui, anche se infondate, potrebbero venir fuori di nuovo”. Wojtyla si convince e lascia cadere la questione. Fino all’arrivo di una lettera dello stesso arcivescovo a mons. Stanislaw Dziwisz in cui McCarrick, con spirito chiaramente contrito, scrive: “Sicuramente ho commesso errori e talvolta mi è mancata la prudenza, ma nei settanta anni della mia vita, non ho mai avuto rapporti sessuali (sexual relations) con alcuna persona, maschio o femmina, giovane o vecchio, chierico o laico, né ho mai abusato di un’altra persona o l’ho trattata con mancanza di rispetto”. Una missiva così commovente da far cambiare idea anche a Re, allora prefetto della congregazione per i Vescovi. Alla fine del 2005, sulla base di nuovi particolari sul passato di McCarrick, la Santa Sede cambiò radicalmente il suo orientamento e Benedetto XVI chiese al cardinale di “dimettersi spontaneamente”.

 

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Che fare di lui? A differenza da quanto sostenuto da mons. Carlo Maria Viganò, il Papa emerito mai sanzionò McCarrick, limitandosi a raccomandare – attraverso i dicasteri di curia – una condotta di vita riservata, rinunciando a viaggiare e ad apparire in pubblico. Tutto inutile. Va detto che – e il Rapporto lo chiarisce – fino al 2017 non fu mai prodotta un’accusa circostanziata relativa ad abusi su minori. Nulla. Fino ad allora, si legge, “nessuno – né il card. Parolin né il card. Ouellet o l’arcivescovo Becciu o l’arcivescovo Viganò – ha fornito a Papa Francesco alcuna documentazione relativa agli addebiti contro McCarrick, comprese le lettere anonime risalenti ai primi anni Novanta”. Nel giugno di tre anni fa, l’arcidiocesi di New York apprese la prima accusa di abuso sessuale su un minore compiuto dall’arcivescovo emerito di Washington all’inizio degli anni Settanta. “Poco dopo che l’accusa fu ritenuta credibile, Papa Francesco chiese le dimissioni di McCarrick dal Collegio dei cardinali”. Nel 2019, giudicato colpevole, “venne dimesso dallo stato clericale”.  
 

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