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Quanto pesa la solitudine del Papa sul futuro della Chiesa

La riorganizzazione della segreteria di stato, il profilo defilato di Parolin e i pochi amici fidati nel Palazzo. La settimana delle scelte

Matteo Matzuzzi

Intanto la famiglia Becciu fa partire denunce per diffamazione e rivelazione di segreti d’ufficio e d’indagine. Peccato che l'accusa di peculato gliel'abbia rivolta Francesco

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Nel corso delle congregazioni generali del pre Conclave, i cardinali convenuti a Roma avevano subito iniziato a discutere di riforme e trasparenza. I corvi non si vedevano più volteggiare sul Cupolone, i tre commissari nominati da Benedetto XVI (i cardinali Herranz, Tomko e De Giorgi) avevano appena consegnato il loro rapporto su Vatileaks.  I più agguerriti erano gli americani, conservatori e progressisti uniti nell’invocare una rivoluzione di sistema, con un Papa-manager che rendesse la curia un qualcosa di adeguato al secolo Ventunesimo. Alla fine fu eletto il cardinale Bergoglio, che subito iniziò a lavorare su quel fronte: commissioni, comitati, gruppi di lavoro, un dicastero creato ad hoc (la Segreteria per l’economia), la voglia di riformare lo Ior – qualcuno ne aveva suggerito la chiusura ma Francesco capì subito che trattavasi di pura utopia – lo spoils system applicato al Consiglio per l’Economia. Questione di soldi, sempre di soldi. E tutto sembrava andare avanti bene finché la vecchia curia non alzò muri e steccati contro il cardinale australiano che comunicava solo via mail con i confratelli porporati e andava a lamentarne la poca delicatezza davanti al Papa. Le cose si sa poi come sono andate, il processo contro George Pell, il depotenziamento del suo dicastero, il ritorno in auge della Segreteria di stato dove Giovanni Angelo Becciu era il potente sostituto.

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Nel corso delle congregazioni generali del pre Conclave, i cardinali convenuti a Roma avevano subito iniziato a discutere di riforme e trasparenza. I corvi non si vedevano più volteggiare sul Cupolone, i tre commissari nominati da Benedetto XVI (i cardinali Herranz, Tomko e De Giorgi) avevano appena consegnato il loro rapporto su Vatileaks.  I più agguerriti erano gli americani, conservatori e progressisti uniti nell’invocare una rivoluzione di sistema, con un Papa-manager che rendesse la curia un qualcosa di adeguato al secolo Ventunesimo. Alla fine fu eletto il cardinale Bergoglio, che subito iniziò a lavorare su quel fronte: commissioni, comitati, gruppi di lavoro, un dicastero creato ad hoc (la Segreteria per l’economia), la voglia di riformare lo Ior – qualcuno ne aveva suggerito la chiusura ma Francesco capì subito che trattavasi di pura utopia – lo spoils system applicato al Consiglio per l’Economia. Questione di soldi, sempre di soldi. E tutto sembrava andare avanti bene finché la vecchia curia non alzò muri e steccati contro il cardinale australiano che comunicava solo via mail con i confratelli porporati e andava a lamentarne la poca delicatezza davanti al Papa. Le cose si sa poi come sono andate, il processo contro George Pell, il depotenziamento del suo dicastero, il ritorno in auge della Segreteria di stato dove Giovanni Angelo Becciu era il potente sostituto.

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Domani, dopo tre anni di lontananza, Pell tornerà a Roma. Non c’entra nulla la caduta in disgrazia di  Becciu, il suo più acerrimo nemico in Vaticano, visto che il viaggio era programmato da tempo. Tornerà da assolto e contento per le novità d’oltretevere, a cominciare appunto dal siluramento dell’ormai ex prefetto della congregazione per le Cause dei santi, avvenuta giovedì alle 18.02, quando Francesco ha comunicato al cardinale sardo di non avere più fiducia in lui. Cambierà tutto, assicurano gli osservatori di cose vaticane: la Segreteria di stato diventerà un ministero senza portafoglio, non avrà più denari da spendere e casse da controllare. Da centro nevralgico del potere sarà tramutata in una sorta di ministero per i Rapporti con il Parlamento. Almeno questo è il progetto: che poi vada in porto si vedrà, le resistenze – come s’è visto – sono evidenti. In realtà già nella bozza dell’elefantiaca riforma della curia in gestazione dal 2013 la Segreteria di stato è destinata a perdere terreno in favore di altri dicasteri più cari all’agenda di Papa Francesco, come quello per l’Evangelizzazione dei popoli e lo Sviluppo umano integrale.

 

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E’ l’ennesima ripartenza: a pochi giorni dalla firma dell’enciclica Fratelli tutti e tra le polemiche per il rinnovo dell’accordo segreto con la Cina comunista (il cardinale Joseph Zen, 88 anni, non è stato ricevuto dal Papa nel suo breve soggiorno romano) si torna alla casella di partenza. Con una differenza: la solitudine del Papa nell’affrontare la sfida più impegnativa. Caduto Becciu, sul quale riponeva la fiducia più totale, tanto che anni fa si parlò pure di un ruolo da inventare per il porporato sardo (moderator curiae, figura che qualcuno in Vaticano ipotizzava come raccordo tra i vari dicasteri), Francesco ha ben pochi amici fidati nel Palazzo. Non è un caso che il segretario di stato, il cardinale Pietro Parolin, sia stato informato dell’allontanamento del suo ex sostituto solo a cose fatte. Non aiuta a rasserenare il clima, poi, la denuncia della famiglia Becciu (al completo) per diffamazione aggravata e “rivelazione di segreti d’ufficio e d’indagine, fattispecie di malcostume corruttivo che,  attraverso la fuoriuscita illecita di informazioni e documenti riservati continuativamente divulgati dai media in forma distorta e denigratoria, ha originato la consumazione di ulteriori reati e la lesione dei diritti di diversi interessati”. Peccato che l’accusa di peculato (come dichiarato dal cardinale) gli sia stata mossa dal Papa in persona.

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