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Bannon, il prototipo dei falsi leader religiosi di una fede che però esiste davvero

Maurizio Crippa

Negli ultimi anni è cresciuta un’ala del mondo cristiano che, pressata da una secolarizzazione iper-aggressiva, ha arroccato le sue posizioni su una versione della religione identitaria e oppositiva alla democrazia occidentale

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Milano. Il diffuso sospiro di sollievo, screziato da qualche sghignazzo, che si è levato in molte parti del mondo “religioso” alla notizia del brutto tonfo di Steve Bannon, quasi un Libera nos a Malo, non ha a ben guardare una base razionale così forte. Un po’ perché Bannon, l’uomo che voleva processare Francesco e che a Matteo Salvini consigliava di “attaccare il Papa” sui temi arcinoti, non è in realtà un leader religioso e non lo è mai stato. Nominalmente cattolico, non è il tipo del predicatore ultraconservatore di cui è costellata da sempre la politica americana (esiste anche la versione di sinistra). I suoi appelli etico-fideisti degli scorsi anni vanno più che altro verso l’universo mentale della alt-right. Un po’ perché la sua influenza come ideologo e tessitore di rivoluzioni su mandato divino era assai sopravvalutata anche ai tempi in cui predicava l’imminente inizio di “un conflitto sanguinoso e terribilmente brutale” da cui le fedi giudaico-cristiane non avrebbero potuto chiamarsi fuori, o quando indicava al mondo il modello della “christian democracy” di Orbán. Ma ancora di più, i “prog” di tutte le fedi che oggi si sentono vicini a schiacciare la testa del serpente dovrebbero riflettere che non è Bannon il loro problema. Come non lo sono gli altri leader della destra sovranista rivestiti di pose religiose.

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Milano. Il diffuso sospiro di sollievo, screziato da qualche sghignazzo, che si è levato in molte parti del mondo “religioso” alla notizia del brutto tonfo di Steve Bannon, quasi un Libera nos a Malo, non ha a ben guardare una base razionale così forte. Un po’ perché Bannon, l’uomo che voleva processare Francesco e che a Matteo Salvini consigliava di “attaccare il Papa” sui temi arcinoti, non è in realtà un leader religioso e non lo è mai stato. Nominalmente cattolico, non è il tipo del predicatore ultraconservatore di cui è costellata da sempre la politica americana (esiste anche la versione di sinistra). I suoi appelli etico-fideisti degli scorsi anni vanno più che altro verso l’universo mentale della alt-right. Un po’ perché la sua influenza come ideologo e tessitore di rivoluzioni su mandato divino era assai sopravvalutata anche ai tempi in cui predicava l’imminente inizio di “un conflitto sanguinoso e terribilmente brutale” da cui le fedi giudaico-cristiane non avrebbero potuto chiamarsi fuori, o quando indicava al mondo il modello della “christian democracy” di Orbán. Ma ancora di più, i “prog” di tutte le fedi che oggi si sentono vicini a schiacciare la testa del serpente dovrebbero riflettere che non è Bannon il loro problema. Come non lo sono gli altri leader della destra sovranista rivestiti di pose religiose.

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Il fenomeno importante è l’esistenza di una base (ormai comune tra protestantesimo fondamentalista e tradizionalismo cattolico) che, per quanto sopravvalutata nei numeri, è molto coesa, rumorosa, organizzata e portatrice di una visione identitaria e polemica, antidemocratica e anti società aperta, antagonista in ogni settore delle (ex) culture war: dall’aborto al gender all’ecologia al negazionismo Covid.

  

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Ovviamente Bannon un ruolo non marginale, in settori della chiesa cattolica e della politica “cristianista” italiana, lo ha avuto. A partire da un ingresso quasi ufficiale in Vaticano quando nel 2014, tramite il Dignitatis Humanae Institute, ispirato dal cardinal Raymond Burke e per l’Italia da Rocco Buttiglione fu invitato a dire la sua a una commissione ristretta di uditori (via Skype, racconta Iacopo Scaramuzzi in “Dio? In fondo a destra”, ed. San Paolo). E aveva parlato di riarmare una “chiesa militante” contro il capitalismo che “si è staccato dai fondamenti morali e spirituali della cristianità, dalla fede ebraico-cristiana”, contro “l’immensa secolarizzazione dell’occidente” e ovviamente l’islam. “Sul fronte dei conservatori sociali noi siamo la voce del movimento antiabortista. La voce del movimento a favore del matrimonio tradizionale e state certi che stiamo vincendo una vittoria dopo l’altra”. Erano i tempi in cui soffiava forte il vento di Visegrád e della Le Pen, e non ci volle molto a Matteo Salvini e a Giorgia Meloni (che lo ospitò in pompa magna ad Atreju nel 2018) per capire che occorreva cavalcare l’onda valoriale, identitaria e pro family. Al convegno di Verona dello scorso anno Bannon non c’era, ma aleggiava, e c’era Brian Brown, presidente dell’Organizzazione mondiale delle famiglie e assai vicino a Bannon. L’Italia è stata inoltre la terra promessa per tentare, con il Dignitatis Humanae, di attecchire come macchina di propaganda politica in Europa.

    

L’operazione Bannon, allo stato attuale dei fatti, è andata come sappiamo. Ma non è questo l’essenziale, caduto un Bannon se ne fa un altro. L’aspetto interessante è che esiste ed è cresciuta negli ultimi quindici anni, non solo in Italia ma nel mondo, un’ala del mondo religioso che, pressata da una secolarizzazione con ogni evidenza iper-aggressiva, va sottolineato, ha arroccato le sue posizioni su una versione identitaria, oppositiva della religione giudaico-cristiana molto lontana, anzi antitetica, rispetto all’idea di una fede fondativa e collaboratrice, pur con tutti i freni ben noti, della democrazia occidentale e della sua way of life. Questa corrente di pensiero e attivismo religioso reclama, e ha trovato, da tempo i suoi leader.

 

Non è questione, banalmente, della insopportazione del Papa callejero: questa base conservatrice esisteva anche ai tempi di Giovanni Paolo II. Ma si è andata radicalizzando. Il problema vero – e forse per la destra religiosa Bannon è l’occasione per rifletterci – è che i leader che si fanno interpreti di questa preoccupazione religiosa – da Bolsonaro a Orbán, da Meloni a Putin o Salvini, sono dello stesso tipo di Steve Bannon: non santi re crociati, ma dei manipolatori truffaldini del pensiero religioso e dei simboli della fede. Non sono nemmeno della categoria dei politici del passato, che tenevano in conto la teologia politica e il suo rapporto di potere con lo stato e le leggi. Ne fanno semplicemente un uso propagandistico e demagogico.

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Ovviamente, se a queste dinamiche offrissero maggior interesse i settori politici distanti da quelle idee – a partire dal conservatorismo moderato, completamente sparito soprattutto in Italia, i fattori in campo potrebbero cambiare. Anche se questo, a chi acclamava Steve Bannon fino all’altro ieri, non importa molto. Importa solo la religione come campo di guerra: Libera nos a Malo.

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