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L’Africa al centro del dossier papale

Redazione

Cristianesimo in crescita e persecuzioni. Una sfida geopolitica per la chiesa

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Il 2019 si è concluso con la strage a Mogadiscio, nella Somalia martoriata da decenni di guerra civile e ora preda del fondamentalismo islamista di al Shabab. Poco prima, undici cristiani venivano decapitati in Nigeria, pare in risposta all’eliminazione del califfo Abu Bakr al Baghdadi. Cristiani in difficoltà anche nella Repubblica democratica del Congo, un paese “a rischio balcanizzazione”, come ha detto il cardinale Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa. L’Africa rappresenterà una sfida per la chiesa nell’anno che si è appena aperto. La crescita del cristianesimo – e del cattolicesimo soprattutto – è impetuosa, con tutto ciò che ne consegue: una fede giovane e ancora non matura rischia di cadere in qualche tentazione di troppo quasi senza accorgersene: “I problemi della chiesa africana vengono proprio dal suo essere giovane”, e quindi anche i fedeli e lo stesso clero possono farsi “prendere dalla mondanità spirituale”, diceva tempo fa il cardinale Robert Sarah, guineano. La questione è complessa, di “Afriche” ne esistono tante, il Maghreb non è la Nigeria, i problemi sono diversi, spesso agli antipodi. C’è il tema del dialogo interreligioso, che sovente appare insormontabile, considerato che di mezzo ci sono stragi e rapimenti. Ma prima di tutto è un problema politico: governi instabili, presidenti che spesso rappresentano solo piccole aree di paesi immensi in cui convivono, non di rado a fatica, etnie diverse con diversi credo religiosi. Papa Francesco ha dedicato molto tempo all’Africa, recandosi lì più volte. Non è un caso che scelse Bangui, capitale della Repubblica Centroafricana, per aprire la porta santa del Giubileo della Misericordia. Nei prossimi mesi è probabile un viaggio in Sud Sudan, accompagnato da esponenti di altre confessioni cristiane. E’ la conferma che l’attenzione geopolitica del Vaticano – al pari di quella “spirituale” – avrà per l’Africa un occhio di particolare riguardo.

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Il 2019 si è concluso con la strage a Mogadiscio, nella Somalia martoriata da decenni di guerra civile e ora preda del fondamentalismo islamista di al Shabab. Poco prima, undici cristiani venivano decapitati in Nigeria, pare in risposta all’eliminazione del califfo Abu Bakr al Baghdadi. Cristiani in difficoltà anche nella Repubblica democratica del Congo, un paese “a rischio balcanizzazione”, come ha detto il cardinale Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa. L’Africa rappresenterà una sfida per la chiesa nell’anno che si è appena aperto. La crescita del cristianesimo – e del cattolicesimo soprattutto – è impetuosa, con tutto ciò che ne consegue: una fede giovane e ancora non matura rischia di cadere in qualche tentazione di troppo quasi senza accorgersene: “I problemi della chiesa africana vengono proprio dal suo essere giovane”, e quindi anche i fedeli e lo stesso clero possono farsi “prendere dalla mondanità spirituale”, diceva tempo fa il cardinale Robert Sarah, guineano. La questione è complessa, di “Afriche” ne esistono tante, il Maghreb non è la Nigeria, i problemi sono diversi, spesso agli antipodi. C’è il tema del dialogo interreligioso, che sovente appare insormontabile, considerato che di mezzo ci sono stragi e rapimenti. Ma prima di tutto è un problema politico: governi instabili, presidenti che spesso rappresentano solo piccole aree di paesi immensi in cui convivono, non di rado a fatica, etnie diverse con diversi credo religiosi. Papa Francesco ha dedicato molto tempo all’Africa, recandosi lì più volte. Non è un caso che scelse Bangui, capitale della Repubblica Centroafricana, per aprire la porta santa del Giubileo della Misericordia. Nei prossimi mesi è probabile un viaggio in Sud Sudan, accompagnato da esponenti di altre confessioni cristiane. E’ la conferma che l’attenzione geopolitica del Vaticano – al pari di quella “spirituale” – avrà per l’Africa un occhio di particolare riguardo.

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