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Riflessione sulla Costituzione, tra diritto e dovere di voto

Massimo Bordin
Le parole sono importanti e la Costituzione di uno stato laico non è un testo religioso inemendabile. La polemica sull’intervista di Giorgio Napolitano può essere utile anche a riflettere sulla definizione del voto come un dovere civico.
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Le parole sono importanti e la Costituzione di uno stato laico non è un testo religioso inemendabile. La polemica sull’intervista di Giorgio Napolitano può essere utile anche a riflettere sulla definizione del voto come un dovere civico che può ben essere considerata “una svista dei padri costituenti” in risposta a quelli che, criticando la posizione politica di Napolitano addirittura dal punto di vista della legittimità, hanno inalberato, tutti impettiti, come una bandiera la parola “dovere”. Il voto non è un dovere in uno stato democratico che, proprio per definirsi tale, deve garantire ai suoi cittadini il “diritto” di voto, non il dovere. Era un dovere durante il fascismo e qualche retaggio rimase nei primi tempi della Repubblica. Oggi però a nessuno verrebbe in mente la possibilità di segnalare in un documento che il tal cittadino “non ha votato”, come succedeva nell’Italia degli anni Cinquanta. E infatti da tempo quel tipo di sanzione è stata abrogata. Dunque quella definizione del voto in Costituzione sarebbe meglio toglierla.
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