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Fare chiarezza

Omogenitorialità, “diritti dei bambini” e fake news di piazza

Marina Terragni

Primo diritto di un bambino è non essere separato dalla donna che l’ha partorito che per lui e per la legge è sua madre. E lo è anche la verità sulle proprie origini. Libere sì, ma non di fare mercato di terzi

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Avevamo avvisato: i temi biopolitici si sarebbero presi il centro della scena. Elly Schlein avrebbe avuto tutto l’interesse a traccheggiare fino alle europee, limitandosi a qualche bandierina qua e là per non spaccare il partito (mica solo i cattodem: perfino Bettini, Zingaretti, Gualtieri a suo tempo si erano pronunciati contro l’utero in affitto). Ma per ragioni uguali e contrarie il governo ha deciso di partire in quarta bloccando le trascrizioni degli atti di nascita integrali dei bambini nati per iniziativa di coppie dello stesso sesso – forte della legge 40 e di un paio di sentenze della Cassazione – stoppando l’Europa sulla cosiddetta omogenitorialità transnazionale e proponendo una legge sull’utero in affitto come reato universale. Perché il nome della cosa è quello, utero in affitto o gestazione per altri: faccenda che, vero, riguarda al 70 per cento gli etero e al 30 per cento i gay. Ma quel 30 per cento si spalma – a spanne – sul 5 per cento della popolazione e il 70 sul restante 95 per cento: i numeri vanno letti. Maschi che vogliono i figli delle donne, niente di così diverso dalla prima pietra su cui si è edificato il patriarcato. Alla manifestazione arcobaleno di Milano la questione scompare dai radar. In Europa Schlein votò contro un emendamento che stigmatizzava l’utero in affitto, dunque la pratica non le dispiace ma ora evita l’argomento. Sul palco quasi solo donne, faccia presentabile della cosiddetta omogenitorialità. I bi-padri mandano avanti loro. Alessandro Zan, incaricato di stendere la nuova proposta di legge sull’omogenitorialità, in un’intervista dichiara addirittura che “l’utero in affitto è una fake news”. Si parla solo di “diritti dei bambini”: bene, vediamoli.

 

Primo diritto di un bambino è non essere separato dalla donna che l’ha partorito che per lui – ma anche per la legge: semper certa – è sua madre. Quasi mai nelle Gpa la gestante è anche madre genetica, l’ovocita è di un’altra donna ma il problema si porrà solo in seguito. La belly-mommy, come la chiamano pucciosamente i committenti, per il neonato è mommy e basta. La creatura ne riconosce odore, temperatura, ritmo del cuore, voce. Se la appoggi sulla belly di mommy si arrampicherà come un freeclimber fino alle mammelle: partorire per credere. Cellule del bambino sopravviveranno nel corpo della gestante per molti anni (microchimerismo materno-fetale). La rottura per soldi di quella relazione che fonda civiltà è una catastrofe per il piccolo umano e anche per la civiltà. Il sincero democratico, ovviamente antispecista, non lo farebbe mai a cani, gatti e lucertole ma per la sua specie – avendo pagato – fa eccezione e si porta a casa il bioprodotto appena sfornato.

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Altro diritto del bambino: quello alla verità sulle proprie origini, quel favor veritatis che compare in svariate sentenze. Il mondo è pieno di figli di eterologa alla ricerca delle loro radici, a quanto pare se non ti radichi da qualche parte fatichi a spiccare il tuo volo umano. La verità sullo status filiationis è costitutiva del diritto all’identità personale. Proprio a partire dalle richieste dei nati da queste tecniche, dall’anonimato dei donatori di gameti negli anni Settanta varie legislazioni nazionali si sono via via aperte alla tracciabilità. Ebbene, la richiesta di trascrizione integrale di quegli atti di nascita va in direzione contraria, negando il diritto alla verità sulle origini. Altro che rendere quei bambini più uguali: introduce una disuguaglianza. Per capirci: se una madre single dichiara il falso sulla paternità del figlio viene perseguita per alterazione di stato civile. Ma se un atto di nascita riporta due padri o due madri, falso palese, la cosa dovrebbe essere lecita e non perseguibile, aprendo di fatto una corsia preferenziale in base all’orientamento sessuale in spregio all’art. 3 della Costituzione, che invece ci vuole tutti, genitori e figli, uguali davanti alla legge.

 

Se poi quella madre single si sposa e vuole che il marito sia riconosciuto come padre del bambino, la strada è l’adozione in casi particolari. “Casi particolari” (Annunziata!) non significa riservata ai gay figli di un Dio minore, ma è la strada per l’adozione di bambini che non si trovino in stato di abbandono: la stessa strada che egualitariamente la Cassazione indica per gli “omogenitori”. Tra l’altro l’istituto è stato recentemente riformato velocizzando le pratiche e riconoscendo un pieno rapporto tra l’adottato e i parenti dell’adottante: ma tutto è ulteriormente migliorabile. Quanto agli altri diritti: non ne manca uno, dal pediatra (Concita!) alla scuola. Quindi dove sarebbero le disuguaglianze tra i figli di “omogenitori” e tutti gli altri? Che cosa renderebbe questi figli – che espressione orribile e autolesionista! – “di serie B”? Forse qui si muove un fantasma, la consapevolezza agitante del fatto che siamo una specie bisessuata e che servono entrambi i gameti per riprodursi. Qui agisce il prometeismo di voler cancellare con una norma dal sound transumano un limite di natura, altro che ambientalismo. C’è anche un altro fatto che il diritto e la politica non sanno rappresentare ed è la differenza sessuale nella riproduzione. Dice la costituzionalista Silvia Niccolai: “C’è un’eccedenza femminile. Il corpo delle donne interloquisce in un’altra maniera con le norme e con le leggi”.

 

In effetti sulle “due madri” anche la circolare Piantedosi mostra un’esitazione e qualche distinguo – circa i nati all’estero da coppie di donne – su cui è stato richiesto il parere all’Avvocatura generale dello stato. E la sentenza della Cassazione del 30 dicembre scorso si riferisce unicamente ai “due padri”. Nel caso delle coppie di donne l’utero in affitto non c’entra, e converrebbe loro smarcarsi dalle rivendicazioni maschili. Il pari-e-patta tra donne e uomini sotto l’ombrello dell’omogenitorialità è un dispositivo che serve anzitutto ai maschi che affittano uteri di donne bisognose. Libere di farlo, si sostiene: di sicuro non libere di fare mercato di terzi, le creature. Ma sulla differenza sessuale torneremo.

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