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In mancanza di legge e di procedure, una Azienda sanitaria decide sul suicidio assistito

Redazione

Il caso di Mario, malato tetraplegico che potrebbe essere il primo italiano a morire per una sentenza, non essendoci una legge

Ieri si è celebrata la Giornata mondiale del malato e c’è qualcosa di obiettivamente stridente, comunque la si possa pensare sull’eutanasia o il suicidio assistito, nel fatto che l’Asur delle Marche – l’Azienda sanitaria unica regionale: non il Parlamento, non un tribunale, non un comitato etico – abbia fatto sapere proprio ieri di aver individuato nel “tiopentone sodico nella quantità di 20 grammi” il farmaco attraverso cui “Mario”, il malato tetraplegico che ne aveva fatto richiesta, potrà accedere al suicidio medicalmente assistito.

  

Ad aggiungere un tragico paradosso è il fatto che il tiopentone sodico altro non è che il Pentothal, il barbiturico a rilascio immediato che negli Stati Uniti veniva usato per le condanne a morte e di cui l’azienda produttrice ha sospeso la produzione. Ora il farmaco della pena di morte diviene strumento autorizzato dal sistema sanitario. Ma al di là di questo aspetto simbolico, c’è da riflettere su altro. “Mario” potrà accedere al suicidio assistito non in virtù di una legge positiva, che non c’è tuttora, ma in base alla verificata presenza nel suo caso delle quattro condizioni che rendono lecito l’accesso al suicidio assistito indicate dalla Corte costituzionale nella sentenza sul cosiddetto caso Cappato-Dj Fabo.

 

Secondo la Consulta, “la verifica delle condizioni che rendono legittimo l’aiuto al suicidio deve restare peraltro affidata – in attesa della declinazione che potrà darne il legislatore – a strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale. A queste ultime spetterà altresì verificare le relative modalità di esecuzione, le quali dovranno essere evidentemente tali da evitare abusi in danno di persone vulnerabili, da garantire la dignità del paziente e da evitare al medesimo sofferenze”.

  

Non vi è dunque la legge, e la Corte indica “modalità di esecuzione” che non è in grado né in diritto di indicare, e nessuna autorità sarà in grado di verificare. A costo di rischiare possibili “abusi”. Così “Mario” potrebbe essere il primo italiano a morire per una sentenza, ma in mancanza di una legge e persino di una procedura.

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