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Sugli organoidi cerebrali è necessaria una profonda riflessione etica

Silvio Garattini

Queste strutture biologiche complesse consentono studi più approfonditi sulle malattie degenerative, rispetto alle tradizionali colture in vitro. Ma c'è una grande domanda: è possibile che gli organoidi esprimano una forma primordiale di coscienza?

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La scienza cammina molto spesso attraverso la messa a punto di nuove tecnologie. Finora gli studi in vitro avevano come principale tecnologia le cosiddette colture cellulari. Si trattava di vari tipi di cellule “immortalizzate” che venivano impiegate per molti scopi : per studiare lo sviluppo di virus e batteri al fine di scoprire farmaci antivirali e antibiotici, la crescita di cellule tumorali per identificare nuovi agenti chemioterapici, la crescita di cellule neuronali per studiare vari tipi di patologie cerebrali e così via. In questi ultimi anni è divenuto di grande interesse impiegare colture cellulari tridimensionali ( 3D) e da qui strutture biologiche più complesse dette organoidi. Questa tecnologia è stata sviluppata nel campo dei tumori dove si può ottenere un minitumore che contiene vasi e altri tipi di cellule che normalmente sono presenti nei tumori “in vivo”.

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La scienza cammina molto spesso attraverso la messa a punto di nuove tecnologie. Finora gli studi in vitro avevano come principale tecnologia le cosiddette colture cellulari. Si trattava di vari tipi di cellule “immortalizzate” che venivano impiegate per molti scopi : per studiare lo sviluppo di virus e batteri al fine di scoprire farmaci antivirali e antibiotici, la crescita di cellule tumorali per identificare nuovi agenti chemioterapici, la crescita di cellule neuronali per studiare vari tipi di patologie cerebrali e così via. In questi ultimi anni è divenuto di grande interesse impiegare colture cellulari tridimensionali ( 3D) e da qui strutture biologiche più complesse dette organoidi. Questa tecnologia è stata sviluppata nel campo dei tumori dove si può ottenere un minitumore che contiene vasi e altri tipi di cellule che normalmente sono presenti nei tumori “in vivo”.

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Oggi  si possono realizzare molti tipi di organoidi inclusi quelli cerebrali. Partendo dalle cellule staminali in determinate condizioni sperimentali si possono ottenere microencefali con la presenza di vari tipi cellulari, neuroni, astroglia e microglia. Giocando sui geni si possono ottenere modifiche per sviluppare modelli di patologie quali ad esempio le microencefalie, cioè una minore crescita cerebrale. Ovviamente, a seconda dei problemi da studiare, si possono utilizzare cellule cerebrali di animali da esperimento come pure cellule umane.

 

Organoidi cerebrali sono stati utilizzati da parte di A. Moutri negli Stati Uniti per misurare l’attività elettrica osservando una serie di onde ben coordinate simili a quelle osservabili nel cervello di bambini prematuri che sono state presenti per mesi fino al termine dell’esperimento. E’ possibile che migliorando la formazione di organoidi si possano avere performance elettriche più complesse simili a quelle di un neonato o di un infante al punto di poter sviluppare organoidi cerebrali che esprimono coscienza o consapevolezza con le inevitabili conseguenze etiche. In questo senso esperimenti pubblicati su Nature dimostravano che cervelli di maiali sacrificati da molte ore, dopo essere trattati con un cocktail di sostanze chimiche erano in grado di riprendere le funzioni neuronali attraverso la capacità di trasmettere segnali elettrici. Un altro esperimento condotto alla Harvard University stabilì che un organoide cerebrale contenente neuroni sensibili alla luce una volta esposti all'illuminazione cominciarono a sviluppare attività elettrica. S. Giandomenico e altri all’Università britannica di Cambridge hanno sviluppato un organoide cerebrale che connesso con una colonna spinale ed un muscolo poteva mostrare contrazioni muscolari. Siamo certamente molto lontani dalla possibilità di disporre di organoidi cerebrali che riassumano alcune attività del cervello umano, perché oggi gli organoidi derivano da cellule staminali prelevate da piccole aree del cervello umano, ma in futuro si potrebbero realizzare organoidi molto più complessi che mettano in connessione parti del cervello che rappresentino circuiti conosciuti. Ciò potrebbe permettere di studiare meccanismi coinvolti in patologie cerebrali, dall’autismo alla schizofrenia.

 

In un recente articolo su Nature Sara Reardon riporta alcuni di questi esperimenti e pone un problema fondamentale: è possibile che gli attuali o i futuri organoidi cerebrali possano esprimere qualche forma, anche primordiale di coscienza?  Un quesito interessante che ha già aperto una discussione da parte di giuristi, filosofi e bioetici. Attualmente non esiste una regolamentazione del mondo occidentale su questi problemi ma sarebbe molto utile cominciare un'ampia discussione per iniziare a definire cosa sia il concetto di coscienza o consapevolezza differenziandone i livelli.

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Occorre anche in questo caso iniziare con la prevenzione anziché trovarci a discutere quando gli esperimenti sono già stati realizzati. Intanto sarebbe importante sviluppare studi su organoidi cerebrali partendo da cellule staminali da animali d’esperimento di varie complessità, dal topo ai primati non umani evitando temporaneamente l’utilizzo di organoidi umani. Di fronte alle scarse conoscenze sulle malattie degenerative non vi è dubbio che gli organoidi possono permettere studi più complessi di quelli utilizzati su colture cellulari in vitro. Nel frattempo sarebbe bene che si stabilisse una regolamentazione attraverso un dialogo fra neuroricercatori e cultori di bioetica e di giurisprudenza.

 

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Silvio Garattini, presidente Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs

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