(Foto LaPresse)

È crisi da culle vuote in Europa

Christopher Caldwell analizza “una società vecchia a corto di energia” alle prese con l’immigrazione dall’Africa. Il giorno in cui il Niger sarà più popolato della Francia

"A dicembre, un gruppo di manifestanti francesi noti come gilet gialli fermavano gli automobilisti vicino a una collina boscosa in Borgogna”, scrive Christopher Caldwell in un saggio per la Hoover Institution uscito il 4 febbraio. “Così chiamati per i loro gilet gialli di emergenza, si erano uniti un mese prima per protestare contro una tassa sul gasolio. Per diverse settimane, tuttavia, la loro lamentela era diventata meno politica (riguardo a questa o quella politica) e più esistenziale (circa l’impossibilità di far quadrare i conti in Francia). Jerome, un autista di ambulanze, chiese a un visitatore se fosse stato nel vicino borgo di Clamecy.

 

 

È magnifico, è arrivata la risposta. Le case a graticcio… La casa natale del romanziere Romain Rolland… La celebre chiesa gotica del XIII secolo. Jerome lo sapeva. È cresciuto lì. ‘L’hai davvero guardato?’, chiese. ‘Sta morendo’. Clamecy aveva 5.900 persone a metà degli anni Settanta, e le fabbriche dove impiegarle, ma ora ha solo 3.900 persone e la maggior parte di loro sono anziani. Per quanto belle possano essere le sue strade, è attraente per i parigini che cercano case di campagna, la maggior parte dei suoi negozi sono deserti, come nei giorni feriali la maggior parte delle sue piazze. Gran parte dell’Europa rurale sta subendo una trasformazione analoga. In Spagna c’è una società immobiliare chiamata Aldeas Abandonadas che vende non case abbandonate ma interi villaggi abbandonati.

 

Il declino della popolazione ora in corso non è il problema più spettacolare dell’Europa. È, per sua natura, qualcosa che accade non con un botto ma con un gemito. Potrebbe tuttavia essere il problema più radicato in Europa e il più grave. Tocca tutto. Una popolazione in declino è per definizione una popolazione che invecchia, che mette a dura prova lo stato sociale del Ventesimo secolo su cui poggia lo stile di vita europeo. Il calo del numero di lavoratori e contribuenti rende il debito pubblico più difficile da ripagare in particolare in paesi, come l’Italia, che sono fortemente indebitati”. Quanto è grave la crisi demografica dell’Europa? “L’Europa si sta riducendo a velocità allarmante. L’Unione europea ha raggiunto una popolazione di 509,4 milioni nel 2015, i suoi paesi costituenti hanno aggiunto circa un centinaio di milioni di persone dall’inizio degli anni Sessanta. Eurostat, l’agenzia di statistica dell’Ue, prevede che la sua popolazione raggiungerà probabilmente i 518 milioni entro il 2080. L’Europa dovrà importare persone. Senza migrazione, mostra Eurostat, la popolazione europea nel 2080 scenderebbe a 407 milioni.

  

Per mantenere costante la popolazione attiva della Germania, ai tedeschi serviranno 24,3 milioni
di immigrati

A lungo, l’impronta demografica dell’Europa verso il basso è stata camuffata dall’immigrazione e dagli aumenti della longevità: la popolazione è rimasta la stessa anche se le percentuali di natalità sono diminuite. Germania e Giappone, in cui metà della popolazione ha più di 47 anni, sono ora le più vecchie società che il mondo abbia mai conosciuto, con l’Italia e l’Austria che seguono. La Germania ha avuto più morti che nascite dal 1972.

  

Secondo il compianto storico Walter Laqueur, gli attuali auspici del declino demografico non dovrebbero essere confusi con gli scenari da apocalisse degli inizi del Ventesimo secolo. ‘I profeti di ieri avevano a che fare con le tendenze future’, ha scritto Laqueur, ‘mentre quelli che si occupano dell’Europa di oggi hanno a che fare con sviluppi che, per la maggior parte, sono già accaduti’”. Caldwell poi parla di immigrazione. “Il mezzo secolo in cui la fertilità nativa europea è stata al di sotto del rimpiazzo è stato anche un mezzo secolo di immigrazione di massa (…). La Svezia si trova in una situazione in cui nessun paese moderno in occidente si era mai trovato. La popolazione musulmana della Svezia è ora dell’8,1 per cento. Secondo il Pew Research Center, la Svezia raggiungerà il 30 per cento dei musulmani entro il 2050 se i flussi di rifugiati continueranno al ritmo attuale e il 21 per cento nell’improbabile eventualità che si fermino del tutto (…).

  

Nel 1950 il paese sahariano del Niger, con 2,6 milioni di persone, era più piccolo di Brooklyn. Nel 2050, con 68,5 milioni di persone, avrà le dimensioni della Francia. A quel punto, la Nigeria, con 411 milioni di persone, sarà considerevolmente più grande degli Stati Uniti. Nel 1960, la capitale della Nigeria, Lagos, aveva solo 350.000 abitanti. Era più piccola di Newark. Ma Lagos ora è sessanta volte più grande, con una popolazione di 21 milioni, e si prevede che raddoppierà di nuovo nella prossima generazione, diventando la città più grande del mondo, con una popolazione all’incirca uguale a quella della Spagna (…). Questa migrazione è ancora nuova e relativamente piccola, basata com’è su un traffico primitivo attraverso il Mediterraneo su zattere gonfiabili e imbarcazioni di salvataggio. Ma delle 10 fonti di emigrazione in più rapida crescita per paese, otto sono in Africa. L’anno scorso l’emigrazione in tutto il mondo è cresciuta del 17 per cento circa. In otto paesi africani è cresciuta di oltre il 50 per cento. Un terzo delle persone in Nigeria, Ghana e Senegal afferma di avere già piani per emigrare (…).

  

Una società giovane come l’Africa è ora – e l’occidente moderno non ne ha mai incontrato una – esigente, avventata e pronta a provocare una crisi. Una società vecchia come l’Europa – e non ne abbiamo mai conosciuta una così – sarà a corto di energia. Gli europei sono stati inclini a ignorare la natura e minimizzare la portata del loro problema demografico. Parlano spesso di migranti attirati dai ‘valori’ europei. Alcuni potrebbero esserlo. Ma altrettanti sono probabilmente attratti dalla combinazione di ricchezza e debolezza dell’Europa. Anche gli europei sono compiacenti quando affermano che l’immigrazione è inferiore a quella del 2015. Non riescono a vedere che l’immigrazione è una cosa spasmodica. Si basa su eventi sui quali gli europei non hanno alcun controllo (…). Il demografo Gunnar Heinsohn ha inventato qualcosa chiamato ‘indice di guerra’. Usa un rapporto tra uomini di età compresa tra 15 e 19 anni e uomini di età compresa tra 55 e 59 anni come indice della probabilità che la società faccia una guerra.

   

Nel 1960, la capitale della Nigeria, Lagos, era più piccola di Newark, nel New Jersey. Presto diventerà la città più grande del mondo

In Germania, dove, come abbiamo detto, una generazione è circa un terzo più piccola della successiva, l’indice di guerra è 0,66. Dove le famiglie avranno solo uno o due bambini, c’è una buona possibilità che un soldato che muore in battaglia porti all’estinzione della sua famiglia. In dozzine di paesi africani, le cose sembrano molto diverse. Gli europei semplicemente non capiscono la portata della sfida che la demografia africana pone. Ripetiamolo: l’Africa è destinata a raddoppiare in dimensioni. Nel 1960, l’Africa contava 278 milioni di persone: era poco più della metà dell’Europa. A una generazione da oggi, nel 2050, l’Europa avrà 500 milioni di persone e l’Africa sarà cinque volte più grande, con 2,47 miliardi (…). Le differenze di fertilità che abbiamo discusso sopra sono drammatiche non solo tra i paesi europei e il resto del mondo, ma anche all’interno dei paesi europei. Nelle zone dell’Europa che hanno visto più immigrazione non europea, i tassi di fertilità sono considerevolmente più alti rispetto ai centri di comando della classe medio-alta dell’economia globale: 2,47 figli per madre nella Seine St-Denis suburbana, contro 1,55 nel centro di Parigi.

  

Nelle parti globalizzate delle città occidentali, i prezzi delle case sono cresciuti oltre i livelli che qualcuno ha considerato come sani di mente qualche anno fa. Una volta c’era una legge della natura per cui una famiglia media pagasse un reddito di tre o quattro anni per la propria casa. Oggi, la casa media in Inghilterra e Galles vale otto volte l’anno di guadagni. A Oxford una casa costa 13 anni di reddito, a Londra oltre 14. La Spagna ha visto il boom delle costruzioni coincidere con l’abbandono generalizzato delle sue città. L’89 per cento dei greci e l’88 per cento degli spagnoli considerano l’emigrazione un problema molto grande o moderatamente grande. L’Ungheria e l’Italia combattono allo stesso tempo per allontanare sia l’immigrazione sia l’emigrazione. Mentre l’Italia chiude i suoi porti meridionali ai migranti africani, i suoi villaggi meridionali si svuotano al ritmo di 50.000 persone all’anno (…). Guardando al 2050 e abbattendo i numeri delle Nazioni Unite per paese, il demografo Herwig Birg ha scoperto che la Germania, per mantenere la sua popolazione costante, richiederebbe 17,2 milioni di immigrati. Per mantenere costante la popolazione attiva, sarebbero necessari 24,3 milioni di immigrati.

  

Per mantenere costante il rapporto tra pensionati e lavoratori, occorrerebbero 181,5 milioni di immigrati. È due o tre volte l’intera popolazione della Germania (…). Nel secondo decennio del XXI secolo ci sono due percorsi radicalmente diversi per affrontare la crisi europea. In primo luogo, continuare a fare ciò che l’Europa aveva fatto sin dagli anni Sessanta, accettando che viviamo in un’epoca di migrazione di massa e confidando nell’integrazione per renderla gestibile. Negli ultimi anni, questa è stata la posizione della cancelliera tedesca Angela Merkel, del presidente della Francia Emmanuel Macron, e praticamente di tutti i membri della Commissione dell’Unione europea. Oppure arrestare o rallentare l’immigrazione, affidandosi a una combinazione di incentivi per la natalità, orari di lavoro più lunghi e nuovi modi di pensare sull’economia. Il ministro degli Interni italiano, Matteo Salvini, e il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, sono diventati i simboli di questo approccio. Sarebbe sbagliato parlare di queste due opzioni come di una ‘soluzione’. Sono scelte politiche”.

  

(Traduzione di Giulio Meotti)

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