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Senza il baritono transgender qualcuno avrebbe notato il Don Giovanni di Tulsa?

<p>Per la prima volta un ruolo maschile viene assegnato a un uomo diventato donna che per&ograve;, dopo il cambio di sesso, ha conservato la propria tonalit&agrave; di voce</p>

Antonio Gurrado
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Don Giovanni, l'eterno mascolino, sarà interpretato da una donna transgender in un allestimento che esordirà questo weekend a Tulsa, in Oklahoma. Per la prima volta un ruolo maschile (e così tanto) viene assegnato a un uomo diventato donna ma la notizia, dal versante del palco, si ridimensiona: dopo il cambio di sesso Lucia Lucas ha conservato la voce da baritono – pare le ci vorranno anni per diventare contralto o mezzosoprano – quindi viene regolarmente scritturata per ruoli da baritono. L'opera infatti è un tribunale equo che distribuisce identità e gloria solo in base alla voce, che incarna il talento del cantante, poi al resto pensa il trucco. Né è una novità: basta pensare alla tradizione di far interpretare ruoli femminili a cantori evirati o ruoli giovanili a contralti. In questo l'opera è da secoli più all'avanguardia di Hollywood, dove ad esempio è capitato che Scarlett Johansson dovesse fare pubblica ammenda e rinunciare al ruolo di una massaggiatrice trans perché, orrore, è una donna. Eppure, nella recitazione, il talento dovrebbe incarnarsi nella capacità di interpretare qualcuno di diverso da sé stesso; la grandezza di Meryl Streep sta anche nell'aver sostenuto con grande credibilità il ruolo di rabbino. La vera questione posta dalla notizia di oggi è piuttosto meramente culturale: senza la peculiarità del ruolo assegnato a un baritono diventato donna, il mondo avrebbe preso nota del Don Giovanni di Tulsa, in Oklahoma?

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