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Il mondo nuovo del credito

Ugo Bertone

Debutto record per Lending Club, la banca peer to peer che in consiglio ha Lawrence Summers: +65% a Wall Street per l'istituto basato sullo scambio tra credito e debito online. Nelle stesse ore del voto finale a Francoforte per Mps.

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“Non è l’inizio della fine. Al contrario, è la fine del rodaggio: il bello viene adesso”.  Così Lawrence Summers, ex segretario del Tesoro Usa (con un debole per le frasi storiche) ha celebrato mercoledì l’esordio a Wall Street delle azioni di Lending Club, il social network finanziario che lo annovera in consiglio. Un debutto boom: più 65 per cento rispetto al prezzo d’offerta, per una raccolta di 850 milioni di dollari in meno di cinque ore e una capitalizzazione di Borsa superiore ai cinque miliardi di dollari.

 

Cinque come i miliardi (stavolta di euro) versati in primavera dagli azionisti di Monte Paschi per evitare il tracollo della banca più antica. Quattrini bruciati nel giro di pochi mesi, senza evitare la bocciatura da parte della Banca centrale europea. Ora l’istituto ci riprova, dopo un altro esame di Francoforte, con un nuovo appello al mercato.

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L’ironia della sorte, insomma, ha voluto che si incrociassero nel tempo i destini dell’istituto più innovativo, applicazione in campo finanziario delle novità più dirompenti, e di un’istituzione veneranda, travolta da politica, consorterie, errori vari ma anche espressione di un modello di business entrato nel mirino dell’economia digitale.

 

“Per competere con i nostri costi – sostiene il ceo di Lending Club Renaud Laplanche – JP Morgan dovrebbe chiudere 8 mila filiali. E forse non sarebbe sufficiente”.

 

Insomma, neanche le banche (e i bancari) possono dormire sonni tranquilli. Il taglio dei costi, del resto, è solo una delle chiavi del possibile successo del “peer to peer” applicato alla finanza. I numeri, per ora, solo più che eloquenti. Chi ha investito i suoi soldi finanziando Lending Club in questi anni ha ricevuto una remunerazione pari all’8,5 per cento per un ammontare che ha superato i 600 milioni di dollari. E chi si è fatto prestare quattrini ha pagato il 4-5 per cento in meno di quanto chiesto dalle banche. Il modello di business di Lending Club è semplice, almeno all’apparenza: la società raccoglie da una parte quattrini dal mercato, dall’altro li gira a chi ha bisogno di credito. Come una banca, direte voi. Non è esatto.

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La differenza di quel che fa la banca, il Lending Club si limita a mettere in contatto le due parti ritagliandosi una fee (una commissione) per le sue prestazioni. Una sorta di e-Bay che favorisce l’incontro fra domanda e offerta. Con qualche precauzione in più.  Alle spalle dell’iniziativa ci sono, tra gli altri, giganti del calibro di Goldman Sachs e di Morgan Stanley ma anche una tecnologia di prim’ordine che permette di monitorare i rischi (incagli ed insolvenze sono sotto controllo) e algoritmi in grado di pilotare le strategie aziendali.

 

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[**Video_box_2**]Una banca senza banchieri e bancari, però. “I nostri cervelli – spiega ancora il ceo – arrivano da Google, Microsoft o Facebook. Nessuno da Wall Street o da una grande banca”. Tutto sulla base di un principio: “Non esiste, per sua natura, un prestito buono o cattivo. Ma solo operazioni diverse, che vanno classificate per rischiosità o per altre caratteristiche, più o meno adeguate ai nostri obiettivi. Il mix della nostra clientela è classificato in 45 categorie”.

 

E non esiste alcuna evidenza scientifica, spiegano in Lending Club, che si guadagni di più con i clienti considerati migliori. Almeno secondo le categorie tradizionali. Non a caso tra i clienti migliori figurano gli studenti oberati di debiti contratti durante gli studi che debiti che le banche stentano a rinnovare.

 

Saranno loro i testimonial di una rivoluzione nata su Facebook nel 2007 e che avanza con un obiettivo ben preciso: far piazza pulita delle banche tradizionali “come Amazon ha sgominato Barnes & Noble o Netflix ha annientato Blockbuster”, ha spiegato il ceo Renaud Laplanche. Andrà così?

 

In realtà Lending Club è cresciuto in un ambiente ideale: tassi bassi, denaro abbondante. Che accadrà, dunque, quando aumenterà il costo della raccolta? E quali garanzie potrà fornire se e quando si troverà a dipendere da pochi, potenti sponsor che metteranno a rischio la sua indipendenza? Tutto vero. Ma la potenza devastante dell’economia digitale ha già dimostrato, dall’editoria al mondo dei servizi, di poter far piazza pulita di settore all’apparenza indistruttibili. Difficile che si fermi davanti ad una cassaforte. O a una Rocca.

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