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una fogliata di libri

Solo vera è l’estate

Alessandro Mantovani

La recensione del libro di Francesco Pecoraro, Ponte alle Grazie, 208 pp., 16 euro

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Nel 2001, a poca distanza l’uno dall’altro, due eventi, il G8 di Genova e l’attentato alle Torri Gemelle, hanno plasmato l’inizio del nuovo millennio, restituendo alla Storia quella dimensione concreta e reale che sembrava essere svanita insieme al secolo breve. Se però la letteratura nordamericana ha fatto i conti con l’11 settembre trovando in scrittori come Franzen o De Lillo i propri interpreti, altrettanto non si può dire per la quella europea e, in special modo, italiana per quanto riguarda il G8.

  
Rari infatti sono i testi che raccontano i giorni di Genova e ancora meno quelli che tentano di problematizzare i fatti prescindendo da una lettura strettamente ideologica. In questo spoglio panorama, però, risulta felice eccezione l’ultimo romanzo di Francesco Pecoraro.

 
Reduce da una solida tradizione di successi narrativi e oramai nel novero delle penne nobili, in uno stile barocco ed elegante, Pecoraro tesse una narrazione stratificata e penetrante in grado di sviscerare le ossessioni e i traumi di un intero momento storico. L’azione, che si svolge unitariamente nell’arco di ventiquattr’ore, prende le mosse un venerdì di afa in una Roma da cui tre trentenni, Giacomo, Filippo ed Enzo, amici fin dai tempi del liceo Mamiani, improvvisano una fuga. Sono diretti verso la costa, Anzio, Lavinio, per una cena di pesce e una festa che si preannuncia già noiosa; Biba, loro amica e con cui tutti e tre, segretamente, intessono una relazione sessuale, non è con loro, è andata a Genova, “una scema, una cretina di Roma Nord che va a vedere – non a partecipare – solo a vedere”. E’ il 20 luglio, il giorno di Via Tolemaide e della morte di Carlo Giuliani.

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In una trama ristretta, l’autore penetra chirurgicamente nella mente, nelle azioni e nei pochi luoghi attraversati dai protagonisti, aprendo una polifonia di riflessioni sempre però omogenee alla narrazione. Così, la fuga ad Anzio è l’espediente per parlare di Roma “città parassita”, della speculazione edilizia e delle sue conseguenze; la festa a Lavinio diventa occasione per considerare la vacuità delle dinamiche sociali del divertimento forzato; le vite e i lavori dei quattro, una specola sull’inadeguatezza di una gioventù incapace di poggiare su un passato infecondo e in aperta contraddizione tra le proprie azioni e i propri pensieri. Su tutto, il G8 come appuntamento inevitabile che, mancato o atteso, segna una cesura irrimediabile nelle coscienze, divenendo il manifesto delle aspirazioni disattese di un’intera generazione. 
 

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Solo vera è l’estate
Francesco Pecoraro
Ponte alle Grazie, 208 pp., 16 euro

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