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Una fogliata di libri

La formula perfetta

Gaia Montanaro

La recensione del libro di David Thomson, Adelphi, 605 pp., 34 euro

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"Uno sceneggiatore può biasimare solo sé stesso per i compromessi che accetta. Anche noi, in quanto pubblico – o comunità culturale – dovremmo tener conto di tali compromessi quando giudichiamo l’impatto, o il valore, dei film. Perché sono le grandi aziende e le società di produzione a fare i film, non gli individui o i singoli artisti”. Il compromesso sta alla base di chi lavora nell’industria audiovisiva che, in quanto industria appunto, è fatta da una parcellizzazione di professionalità diverse, singoli ingranaggi di un unico grande meccanismo che porta alla nascita dei film. Un lavoro di squadra. Impreciso, creativo e sorprendente come solo le scienze inesatte sanno essere. È questa una delle tante intuizioni di lettura che David Thomson, celebre critico cinematografico britannico trapiantato da anni a San Francisco, porta avanti nel tracciare la sua corposa e sinfonica storia di Hollywood.

 

Partendo dagli albori del cinema arrivando ai primi anni Duemila – con un particolare focus sugli anni Trenta e Quaranta – Thomson restituisce una Hollywood pullulante di attrici senza scrupoli, registi pedofili, produttori fedifraghi e imprenditori spregiudicati. Una “fabbrica dei sogni” dove tutto ha un prezzo. O meglio, dove al fulcro di tutto sta spesso l’interesse economico, motore produttivo e giustificazione dei peggiori azzardi. “Se nella ricerca della felicità fai qualcosa di abbastanza clamoroso da ricavarne un patrimonio, puoi anche dire addio alla felicità, perché ormai l’hai barattata con l’equivalente materiale del successo, cioè il denaro”. Los Angeles fa da culla a chi ha il sogno del cinema, con la sua capacità di affascinare e insieme la sua spietatezza, le sue regole scritte e non scritte che si perpetuano da decenni e che ne fanno una città dal legame indissolubile con l’industria che ospita.

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E poi c’è la Hollywood piena di aneddotica, di cinismo e ritratti di personaggi improbabili che grazie magari ad una singola intuizione creativa riescono a svoltare per sempre il corso della propria vita. Tanti ingredienti che mischiati insieme – in modo sempre diverso e imprevisto – vanno a creare quella “formula perfetta” di cui Hollywood è fatta. Così ambita da rintracciare, così imprevedibile da raccontare. Proprio come ricorda Fitzgerald ne Gli ultimi fuochi: “Si può accettare Hollywood qual è, come facevo io, oppure ignorarla con il disprezzo riservato a ciò che non riusciamo a capire. Si può anche capirla, ma solo confusamente, e a tratti. Non più di cinque o sei uomini sono riusciti ad avere ben chiara nella mente la formula perfetta dell’industria del cinema”. 

 

David Thomson
La formula perfetta
Adelphi, 605 pp., 34 euro

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