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Il conflitto non è abuso

Alessandro Mantovani

La recensione del libro di Sarah Schulman, minimum fax, 378 pp., 18 euro

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Lo storico greco Tucidide racconta che la famosissima guerra tra Sparta e Atene ebbe certamente un pretesto scatenante, il quale celasse, però, dietro di sé una causa più profonda. E’ così che egli arriva a delineare le cause materiali e specifiche della guerra come esagerazioni volontarie da parte degli attori in gioco al fine di raggiungere un punto di conflitto tale da giustificare azioni violente.

 
L’esempio greco – da cui la Storia peraltro trarrà la sua moderna analisi delle cause – dimostra come una certa dimensione politica e sociale sia da sempre afflitta da uno scarso interesse alla mediazione e da una tendenza alla chiusura nei confronti di posizioni estranee. Ma se questo atteggiamento è vero certamente per le società arcaiche i cui gruppi sociali dominanti erano chiaramente elitari e autoreferenziali (basti pensare che l’idea di “aristocrazia” contrapponeva un gruppo di “migliori” agli “altri”), esso è diffuso anche nel mondo contemporaneo.

 
Sarah Schulman, scrittrice statunitense, dedica il suo saggio – il primo dei suoi testi a essere tradotto in Italia – proprio alla disamina del rapporto tra conflitto e abuso. Schulman individua nel mondo moderno un’attitudine all’esagerazione del conflitto che va di pari passo con la rimozione delle responsabilità. 

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Partendo infatti dal presupposto che il conflitto nella sua accezione più generale sia un elemento naturale e costitutivo dell’esistenza umana, pensata come costante conciliazione tra sé e altri, l’autrice osserva come il nostro mondo – a tutti i suoi livelli, dai rapporti sentimentali, alla società, alla politica – distorca la percezione dei contrasti, ingigantendola alla luce di un senso di minaccia costante e diffuso, provocando in questo modo reazioni spropositate. Proprio in queste reazioni di esagerazione – e non di attenuazione – del conflitto, Schulman identifica il concetto di “abuso”: esso si verifica dunque quando un potere sceglie deliberatamente di chiudere le porte di un dialogo sociale o politico accondiscendendo a un impulso all’escalation, specchio del rifiuto o dell’incapacità di risolvere o negoziare il conflitto stesso.

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Schulman non manca infine di sottolineare da un lato come questo aspetto sia trasversale a tutte le componenti sociali (persino in famiglia, scrive, è possibile assistere a simili dinamiche), dall’altro come sia troppo spesso la politica a rifiutare le responsabilità in materia di conflitto, dimenticando il proprio ruolo di strumento mediatore di opposizioni e contrasti. 

   

Il conflitto non è abuso
Sarah Schulman
minimum fax, 378 pp., 18 euro

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