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Una fogliata di libri

La bambina che mangiava i comunisti

Flaminia Marinaro

La recensione del libro di Patrizia Carrano, Vallecchi, 168 pp., 16 euro

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"Chi vuole il nuovo Pci è un pazzo, ma chi non ne ha nostalgia è senza cuore”. Non solo ai pazzi e ai senza cuore si rivolge Patrizia Carrano nel suo ultimo romanzo, ma soprattutto a chi crede di sapere tutto del Pci e chi ne sa poco e niente a chi lo ha vissuto e lo ha dimenticato.

 

Scritto senza sentimentalismi con lo sguardo limpido di una ragazzina degli anni Cinquanta, La bambina che mangiava i comunisti, è uno straordinario affresco,  tratteggiato in punta di matita, sanguigna come i colori della loro bandiera, della lasagna servita nella mensa della Cgil, dei capelli rossi della protagonista, che narra luoghi, abitudini e ambienti sospesi tra mondi ideologicamente lontani. Erano gli anni del XX congresso del Pcus, dell’entrata dei carri armati sovietici in Ungheria, del crollo del mito di Stalin e della presa di coscienza che il nucleare non avesse patria, in quello stesso anno Roma si coprirà di neve, salvifica e rigenerante e sarà un nuovo inizio. Anche per Elisabetta, protagonista del racconto, dieci anni nel 1956, metafora di una società in bilico tra valori conservatori e rivoluzionari.

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Figlia di un’attivista militante, in cerca di un ruolo nel partito e di amori liberi e spregiudicati, separata da un nobile di matrice borghese-reazionaria. La bambina non va a scuola, frequenta con la madre le sezioni, Via delle Botteghe oscure, l’osteria Menghi dove conosce personaggi emblematici come Emanuele Macaluso, don Gaggero già ridotto allo stato laicale e sempre più simbolo della pace e della resistenza, Felice Chilanti e caffè letterari da dove sono passati Giulio Turcato, Mino Maccari, Mario Mafai, Antonello Trombadori.

 

Ma il luogo che più l’attrae è Campo Parioli – oggi Villaggio Olimpico – dove i poveri vivono da zingari e dove Elisabetta intesserà legami di amicizia con alcuni bambini e lo scontro tra il parroco della chiesa di Santa Croce al Flaminio e i volontari del Partito comunista diverrà palpabile. Lei è lì ad aiutare sua madre, fasciata in un tailleur di grisaglia, con i tacchi a spillo e una sigaretta in bocca a diffondere copia della rivista di propaganda comunista Il Pioniere e rifiuta gli inviti di sua nonna nel palazzo avito di Sorrento e di suo padre negli ambienti ovattati di Doney in Via Veneto. Elisabetta è scissa tra due mondi e due amori. Carrano ha messo a nudo le criticità di quell’epoca, fatte di ideali e  speranze ma anche delle ambizioni palpitanti tipiche della giovinezza.

 
La bambina che mangiava i comunisti 
Patrizia Carrano
Vallecchi, 168 pp., 16 euro

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