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Noi, umani

Alessandro Litta Modignani

La recensione del libro di Frank Westerman, Iperborea, 338 pp., 18,50 euro

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"Benvenuta, Flo. Flo è stata portata alla luce il 6 dicembre 2003, giorno che segna l’inizio del suo nuovo viaggio nel mondo moderno. Scienziati indonesiani e di altri paesi stanno conducendo una serie di ricerche per assegnare un posto al nuovo ramo che la rappresenta sull’albero dell’evoluzione umana”. Prende spunto dal rinvenimento in Indonesia dell’Uomo di Flores, un esemplare femminile di ominide, piccolo e dalla massa cerebrale assai ridotta, l’ultimo reportage del grande narratore olandese Frank Westerman.

    
La scoperta sconvolge tutte le teorie fino a quel momento in auge sull’origine della specie umana. Si tratta forse del famoso “anello mancante”? Oppure è una scoperta che mette in discussione alla radice l’idea stessa di distinzione fra l’essere umano e le altre specie animali?

   
Praticamente il cento per cento della popolazione mondiale ritiene che l’uomo sia superiore agli animali. Accanto al linguaggio e al controllo del fuoco, coesistono la capacità di pensare in astratto, la capacità artistica, la coscienza di sé, la consapevolezza della propria mortalità.

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Secondo i darwinisti, “a indirizzare le nostre azioni sono i geni egoisti, che mirano solo a riprodursi”. In particolare, ciò che ci distingue dalle altre specie è l’astuzia con cui l’Homo sapiens è riuscito ad applicare le tecniche dell’inganno alla caccia.

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Per contro, non manca chi considera l’eccezionalità dell’Homo sapiens un’idea superata, fuori moda. La pretesa superiorità umana non è nient’altro che una forma di presunzione, frutto di un’arroganza del tutto immotivata, un brutto esempio di superbia, figlia dell’antropocentrismo. Oggi l’atteggiamento ecologicamente corretto si riassume nell’eliminazione delle differenze: l’Homo sapiens è un animale come tutti gli altri.

   
Il tentativo di risposta di Westerman è più elaborato: “L’essere umano è un animale che si è liberato della catena ed è fuggito dal regno naturale (…) Nessun’altra specie è mai riuscita a fuggire dalla gabbia della natura. Da allora ci diffondiamo sulla sfera terrestre come hooligans che dopo aver abbattuto il cancello invadono il campo”. Ma non è finita. Nel 2017 il paleoantropologo francese Jean-Jacques Hublin attribuisce un cranio rinvenuto in Marocco a un Homo sapiens, e visto che questo “marocchino” era vissuto 300 mila anni fa, Hublin se ne viene fuori con lo scoop che “noi” siamo una volta e mezzo più vecchi di quanto credevamo. Non sarebbe ora, conclude Westerman, di denunciare al mondo gli errori della paleoantropologia? 

     

Noi, umani
Frank Westerman
Iperborea, 338 pp., 18,50 euro

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